A pagina 69 non finisce la storia, ma comincia la letteratura (McLuhan docet).

Letteratume
4 min readJun 28, 2020

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Lontana, ma non troppo, dall’inizio; vicina, lontana, talvolta lontanissima dalla fine.

Come era solito fare Marshall McLuhan, stando ai racconti del suo biografo Douglas Coupland, la pagina 69 era il punto da prendere in esame per stabilire se leggere o meno un libro, di fatto tuttora un ottimo paradigma per decidere se un romanzo meriti o meno di essere comprato e quindi letto.

All’interno di questa pagina cruciale non devono necessariamente annidarsi colpi di scena, svolte epiche, riconoscimenti, assassinii, nascite di amori, resurrezioni o altro, ma si possono trovare le condizioni per tirare un primo bilancio e per capire se l’autore ha sparato le cartucce nelle prime pagine, dispensando virtuosismi e fuochi pirotecnici come se non ci fosse un domani (o una pagina 69 pronta lì per il giudizio).

Facendo nostro il consiglio di uno dei più grandi critici della civiltà contemporanea, ci affidiamo dunque alle pagine 69 di alcuni grandi romanzi che, resistendo all’usura del tempo, continuano ad essere apprezzati e riconosciuti. Forse anche grazie a queste righe…

Mille volte l’esperienza ha dimostrato, pure con gente non particolarmente incline alla riflessione, che la maniera migliore di arrivare a una buona idea è quella di lasciare libero il pensiero secondo le proprie inclinazioni, seppur sorvegliandolo con un’attenzione apparentemente distratta, quasi fingendo di pensare ad altro, e d’improvviso lo si coglie alla sprovvista, balzando come una tigre sulla promessa.

José Saramago, Il vangelo secondo Gesù Cristo, Giangiacomo Feltrinelli Editore, 2010

Vede, signor commissario, lei non ci crederà, ma i clienti sono un po’ come le donne. Parrebbe uno scherzo, eppure…Bisogna saperli prendere. Una pazienza, certe volte! Dove occorre che uno aspetti, saper aspettare: star lì, sotto la panca di sasso, cogli occhi addormentati, ma pronti al balzo come un gatto in amore. Dove occorre invece la manovra, manovrare…prima che ci arrivi quell’altro, la concorrenza, voglio dire. Proprio come farsi la maschietta, preciso.

Carlo Emilio Gadda, Quer pasticciaccio brutto de via Merulana, Edizione speciale per la Repubblica, 2002

Il Pirata prese l’involto e lo aprì; sorrise soddisfatto sollevando il dolce sul palmo della mano. Tutti i cani sorrisero intorno a lui, e avvicinarono a lui i loro musi, e agitavano le code, smuovevano le zampe, si leccavano le labbra. Il Pirata ruppe il pan di zucchero in sette pezzi (…). Ogni cane ebbe il suo pezzo di dolce, lo ingoiò e restò in attesa di altro. Infine, il Pirata mangiò il pezzo ch’era suo e mostrò le mani vuote ai cani.

John Steinbeck, Pian della Tortilla, Bompiani, 2004

Ah, con quanta cura scelsi le pietre e con quanta cura le misi, una alla volta, su quel corpo che le riceveva morbidamente. Lavorai molto tempo, forse un’ora a riempire la fossa e misi pietre sempre più grandi, per impedire che le iene potessero toglierle. Quando le pietre ebbero raggiunto il livello del terreno, presi manciate di terra e l’acconciai in modo che non si notasse nessuno stacco. Battei la terra con le mani e gettai sulla tomba alcuni cespugli.

Ennio Flaiano, Tempo di uccidere, BUR, 2000

Ma Denise uscì dalla cucina e portò il piatto ad Alfred, il quale era assorto nel seguente problema esistenziale: se, come una piantina di frumento che spunta dalla terra, il mondo si evolve nel tempo sommando strati su strati di cellule, accumulando gli istanti l’uno sull’altro, afferrare il momento più recente non dava la garanzia di poter afferrare anche il successivo.

Jonathan Franzen, Le correzioni, Einaudi, 2002

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