Ada e Daria: leggere come aria
Quando si parla di disabilità è molto difficile sottrarsi alla retorica.
Lo ha scritto Ada d’Adamo nel suo Come d’aria (Elliot edizioni), dimostrando che si possono lasciare alla porta melensaggini e luoghi comuni e che si può librare con grazia anche sui temi più delicati, come quello riguardante il suo rapporto con l’amata figlia Daria, nata con una malformazione cerebrale nota come oloprosencefalia.
Il destino, sotto forma di inesorabile malattia raccontata tra le pagine, ha poi impedito a Ada d’Adamo, morta lo scorso 2 aprile, di godersi i frutti del fascinoso memoir letterario giunto alle battute finali del Premio Strega.
Diplomata all’Accademia Nazionale di Danza e laureata in Discipline dello Spettacolo, si è poi specializzata nella saggistica sulla danza e sul teatro per potersi dedicare maggiormente alla magica Daria: un compito gravoso (“Accettare che non sempre ce la fai, anche questo è parte del percorso”), ma nobile proprio in virtù della capacità di chi lo compie di “generare, allacciare, moltiplicare l’amore”.
L’abitudine a gestire il respiro, il corpo e a non tralasciare alcun dettaglio di ogni singolo movimento ha aiutato Ada a calibrare la sua esperienza di danzatrice sulla figura di madre alle prese con una figlia disabile.
Il risultato? Una completa identificazione tra le due, che porta la prima a incorporarne i limiti dopo averli toccati, sentiti, conosciuti.
Tra le pagine di Come d’aria ci si commuove leggendo in filigrana i riusciti tentativi dell’autrice che, con coraggio e intelligenza, riporta alla luce i pezzi rotti, i nodi irrisolti, le fatiche quotidiane e — tra i momenti più toccanti — le voci di fuori, rappresentate da compagne di avventura e da amici e amiche di Daria.
Le parole più belle per ricordare Ada d’Adamo e per ripensare con dolcezza alla sua creatura ormai maggiorenne sono quelle di Elena Stancanelli, che ne ha proposto la candidatura al Premio Strega: “C’è tutta la rabbia e tutto l’amore del mondo nel racconto di questa danza che lega due donne. Avvinghiate l’una all’altra, in una assoluta e reciproca dipendenza (…) In questo libro si entra con enorme facilità, ma da questo libro si esce cambiati. C’è una tale quantità di vita, nelle sue pagine, da lasciarci senza fiato.”