Anno strano, libri belli.
Sedici ottimi libri per superare il 2020.
Il 2020 è stato un anno terribile, strano, epocale, che ha sconquassato le vite di tutti e ridisegnato, laddove il coronavirus non è stato letale, relazioni, modi di vivere, progetti e ambizioni.
Per molti, la voglia di leggere è rimasta latente almeno nei mesi più duri, eppure il mercato editoriale ha provato a non fermarsi sfornando titoli più o meno azzeccati, più o meno interessanti, in ogni caso portatori di una volontà di non arrendersi di fronte alle ripetute ondate pandemiche.
Quella che segue è una selezione personale di buone letture, basata sulla convinzione che l’ingresso nel 2021 dovrà essere accompagnato, oltre che da sane dosi di speranza e vaccino, anche da questi ottimi titoli pubblicati nell’anno in corso.
Pandemia e dintorni
Non si può che cominciare con il tema Covid-19, argomento che ha segnato il 2020, tra ansiogeni bollettini quotidiani, Dpcm e lockdown internazionali.
Molti sono stati i libri che, con approccio scientifico, sociologico, anche se talvolta troppo frettoloso e non dotato della giusta distanza, hanno affrontato la questione. Se ne segnalano alcuni che, nell’ambito della saggistica o della narrativa, hanno avuto il merito di far emergere stimoli critici e suggestioni letterarie.
Baci vietati, malcontento e povertà diffuse e soprattutto consegna a domicilio di psicofarmaci per placare gli animi e le tendenze depressive di una popolazione costretta alla clausura prolungata.
È questo il mondo in cui prospera la multinazionale Happydemia, che dà il titolo al romanzo di Giacomo Papi per Feltrinelli. Una multinazionale, al cui soldo si barcamenano schiere di consegnator (alias rider), tra cui il giovane e innamorato Michele, segna lo spartiacque tra chi può e chi non può, tra i sommersi e i salvati e così perfino l’amore ai tempi della pandemia diventa vietato e impossibile.
Tra (im)probabili dpcm e negazionismi (esilarante il Foglio Protocollo di Savio de Sio), tra Previdenti del Consiglio e Ministri degli Affari Miei, si ride amaro e si riflette, alle prese con una feconda e disarmante torsione della realtà.
Nella vita “reale” è emblematico che dovesse arrivare un virus maligno per sentirsi autorizzati a una pausa: come suggerisce la filosofa Donatella Di Cesare in Virus Sovrano? edito da Bollati Boringhieri, per un bizzarro paradosso cominciamo a respirare e a riprendere fiato proprio mentre il virus dell’asfissia minaccia di toglierci il respiro.
Questione ecologica e scelte governative, democrazia immunitaria e panico che si trasforma in paura diffusa, sono al centro di questo saggio denso e asciutto che pone molte domande sul nostro modo di vivere prima, durante e dopo la pandemia.
Muri patriottici e disparità tra protetti e indifesi è anche il tema di Guida minima al cattivismo italiano di Marco Aime e Luca Borzani (Elèuthera), saggio incentrato sulla nostra mutazione antropologica che ha generato un individualismo spaventato e consumista, acuito anche dalla recente “cattività”. Sebbene gli effetti del lockdown vengano affrontati solo nel capitolo finale, ciò che si ricava è che i semi dell’intolleranza sociale, piantati sul finire degli anni Ottanta, hanno mostrato i deprecabili effetti e la ricerca di un capro espiatorio proprio negli ultimi tempi.
L’ottimo lavoro etnografico permette di vedere in filigrana ciò che siamo e di smascherare i finti nemici e i veri problemi.
C’è infine un saggio, edito da Sur, che mette in rilievo la necessità di interpretare con chiarezza e lucidità i repentini mutamenti di quest’epoca.
È il breve ma ricco Questa strana e incontenibile stagione di Zadie Smith, tradotto da Martina Testa, in cui l’autrice di Denti bianchi mescola pubblico e privato mettendo in relazione le rivolte antirazziste degli Stati Uniti e la primavera della pandemia, appoggiandosi costantemente al suo immancabile pensiero critico e a una serie di aneddoti personali. In sei brevi saggi si incontrano riflessioni sul tempo e sulle relazioni sociali, sul valore dei sentimenti e sulla caducità della vita: il tutto tenuto insieme da vis polemica e da visioni non consolatorie della vita.
Problemi nuovi, vecchi problemi
Sarà anche vero che la pandemia da coronavirus ha monopolizzato vita, immaginario e anche letture, ma nel mondo è successo — purtroppo o per fortuna — anche altro.
Emergenza climatica, guerre e disuguaglianze sono imperanti: può cambiare il modo di raccontarle ma restano sempre urgenti.
Si può perfino ammettere un cambio di prospettiva, come ha fatto il misterioso Filelfo nell’affascinante L’assemblea degli animali (Einaudi), una summa di citazioni letterarie al servizio di una storia edificante, ovvero la riunione segreta di un corvo, di un leone, di una balena, di un’aquila, di un topo e di molti altri animali, chiamati a raccolta per affrontare l’emergenza ecologica causata dall’uomo. Un apologo morale in cui a essere chiamati in causa siamo noi e i nostri vizi antichi.
Lottare per un mondo migliore è stato anche l’obiettivo di Saul Alinsky, il cui pensiero viene riproposto da Alessandro Coppola e Mattia Diletti per le Edizioni dell’Asino in Radicali, all’azione! prima edizione italiana del testo con cui il “Machiavelli dei poveri” ricostruiva tempi e modi delle sue battaglie.
Metodo e organizzazione per creare politiche partecipative e per ottenere la conquista di diritti sociali e civili sono i capisaldi per un percorso di battaglie che nel tempo ha ispirato anche Barack Obama, Bernie Sanders, Black Lives Matter e altri movimenti di protesta.
Nomadland di Jessica Bruder (Edizioni Clichy, tradotto da Giada Diano) è il libro da cui è tratto il film Leone d’Oro alla Mostra del Cinema di Venezia. A dare forma e vita a un disagio foriero di disuguaglianze è la storia di uomini e donne in età da pensione che, dimenticati dalla previdenza sociale, cominciano a migrare in cerca di una nuova vita che allontani la disperazione. Accade nel Paese più ricco del mondo, quell’America che non è (sempre) una terra promessa. Emblematica la storia di Linda May, nomade per eccellenza in una realtà che bisogna avere la forza di trasformare.
Ancora gli Stati Uniti d’America sono protagonisti di una storia di emigrazione, intolleranza e tentativi di integrazione. La tua bellezza di Sahar Mustafa, romanzo arrivato in Italia grazie a Marcos y Marcos nell’ottima traduzione di Francesca Conte, narra le vicende di Afaf, della sua famiglia palestinese e del problematico sradicamento dal paese di origine.
Il tempo dell’incontro con l’altro è scandito dalla strage innescata da un uomo che, armato, semina il panico nella scuola di cui è preside la donna. Grazie a un ritmo avvolgente e a una scrittura energica, l’autrice racconta l’incontro-scontro tra due mondi che si temono proprio perché non si conoscono.
Viaggiare nella memoria, nello spazio e con la mente
Tornando al di qua dell’Oceano e impossibilitati a viaggiare causa divieti cromatici, possiamo però affidarci ad alcuni testi che garantiscono altri tipi di fuga.
Come quella poetico-artistica orchestrata da Franco Marcoaldi e Tomaso Montanari per Treccani Libri nel pregevole Cento luoghi di-versi.
Tra versi eterei e immagini raffinate si fa la conoscenza di cento luoghi simbolici e mentali, interrogabili in qualsiasi modo e momento; luoghi che restituiscono con grazia e profondità l’anima dell’Italia e del suo essere una meta culturale più che turistica con il fascino del suo paesaggio, della sua arte e dei suoi abitanti.
Un viaggio nella memoria e nella storia patria e personale è invece quello di Andrea Pennacchi, già Pojana e animatore del Pojanistan. People ha recentemente dato alle stampe La guerra dei Bepi, raccolta di monologhi e testi dedicati al nonno e al padre — due Bepi — coinvolti nella Prima e nella Seconda guerra mondiale. In chiusura del trittico e non senza ferite e disillusioni, c’è spazio per un’incursione nella storia più recente attraverso le pagine cruente della battaglia di Mogadiscio del 1993. Il soldato Bepi diventa così la quintessenza della frustrazione e della disillusione nei confronti della guerra e di una società ingiusta.
Le civette impossibili, uscito per Adelphi nella perfetta traduzione di Francesco Pacifico, è l’epopea post-moderna di Brian Phillips, tra i fondatori di Grantland, una delle più prestigiose riviste di reportage sportivi. L’autore, tutt’altro che avvezzo ai viaggi e alle escursioni, vaga tra Russia e Giappone, tra un avvincente Iditarod (corsa da cani da slitta in Alaska) e l’apparizione di tigri nella giungla indiana, restituendo in ogni mini-saggio il suo sguardo ironico e un avviluppante ritmo narrativo.
L’ultimo viaggio, mentale, è offerto dai bravissimi autori de La scommessa psichedelica (Quodlibet).
LSD, DMT, ibogaina, psilocibina, ayahuasca non sono tabù se, per effetto dell’incontro con ciascun autore, si viene messi correttamente a conoscenza dei benefici di queste molecole, accettando di mettere da parte gli steccati ideologici di fronte a inconfutabili prove scientifiche.
Edoardo Camurri, Marco Cappato, Vanni Santoni, Federico di Vita (che ne è il curatore) e altri intellettuali e studiosi si interrogano, da un punto di vista storico, politico, sociale, sulla possibile coesistenza tra il “Rinascimento psichedelico” e gli attuali stili di vita.
Tipi strani, stranianti, geniali
Dopo eremiti, lunatici, dementi e storie vere, forse verissime, Ermanno Cavazzoni si cimenta con un giallo poliziesco sui generis. La madre assassina (La nave di Teseo) è la storia di André Pacini, angosciato e ossessionato dal rapporto con la madre e dal fatto — tutt’altro che trascurabile — che lei lo abbia ammazzato.
Il contesto perturbante in cui avviene la narrazione (vicini misteriosi, un gatto spellato, una madre ambigua e un amministratore seduttore) è solo uno dei tanti ingredienti propedeutici a una girandola di colpi di scena, conditi da fantasticaggini e stramberie.
Non meno ossessivo è l’approccio alla vita e al matrimonio del quarantenne Adrien, protagonista dell’ultimo romanzo di Fabrice Caro, Il discorso, uscito per Nottetempo nella traduzione di Camilla Diez.
In preda ad angosce post-pausa di riflessione gli viene chiesto di tenere un discorso al matrimonio della sorella, situazione che è solo un nuovo pericoloso innesco di elucubrazioni, paranoie e immancabili auto-ironie che lo porteranno sul ciglio del burrone depressivo.
Il quadro che se ne ricava è una commedia gradevole e agrodolce, segnata da idiosincrasie, intolleranze e una sopportabile dose di romanticismo.
Al confine tra Oblomov e Gregor Samsa c’è poi Giuso, indolente e ignavo lavoratore occasionale al centro di Ferdydurke, gioiello narrativo di Witold Gombrowicz appena ripubblicato dal Saggiatore con le traduzione di Michele Mari e Irene Salvatori.
Svegliatosi improvvisamente adolescente, Giuso viene punito tornando ad essere uno scolaro inconcludente messo di fronte alle sue (nostre) mancanze: punizione esemplare, non c’è che dire!
Una prosa spumeggiante rende pienamente giustizia alla carica di godimento puerile insita in ciascuno di noi.
C’è anche l’adolescenza e chiaramente tanta genialità nell’obliqua autobiografia di Rocco Tanica, Lo sbiancamento dell’anima, uscita per Mondadori sul finire del 2019.
Tra ricordi personali, apparentemente minimi e casuali ma resi con levità, e scarti laterali che lo hanno già ampiamente fatto apprezzare come fine musicista e autore brillante, Tanica intrattiene con la stessa intelligenza parlando di fidanzate e conservatorio, di Clemente Mastella e James Taylor, riscrivendo Azzurro o raccontando di depressione e Gianni Morandi.
Parafrasando lo stesso autore, Lo sbiancamento dell’anima è un libro che definire autobiografia è riduttivo.