Caro Massimo: una cura contro i luoghi comuni
Lo scorso 19 febbraio Massimo Troisi avrebbe compiuto 69 anni e da oltre venticinque anni, a causa di un cuore bizzarro, ha finito la sue esistenza terrena.
Quest’anno inizia quindi il settantesimo anniversario della nascita, che auspichiamo ricco di celebrazioni (se ne susseguiranno meno del dovuto nonostante sia sempre attiva la natìa San Giorgio a Cremano), con la fervida certezza che ogni giorno sarebbe doveroso omaggiarne l’estro, la comicità, l’intelligenza.
Ci ha provato, con ottimi risultati, la giornalista Matilda Hochkofler in un libro tornato alle stampe per La nave di Teseo qualche anno fa.
Caro Massimo è il resoconto di vita e opere di un regista e attore irriverente e scanzonato, empatico e malinconico che ha avuto una parabola breve ma significativa nel panorama cinematografico e artistico del nostro Paese.
Dagli esordi con la Smorfia in compagnia dei sodali Enzo Decaro e Lello Arena alle nomination agli Oscar per Il postino, Troisi ha navigato con leggerezza e profondità in un’Italia chiusa e ribelle, democristiana e luogocomunista uscendo dal mazzo sempre grazie al talento e all’originalità.
Ricomincio da tre, Scusate il ritardo, Le vie del signore sono finite, Pensavo fosse amore invece era un calesse, lo stracitato Non ci resta che piangere in coppia con Roberto Benigni (non il migliore in questa rosa di film, eppure fulgido cult): basterebbero i titoli wertmulleriani a dare un’idea della potenza comunicativa che può derivare dall’insofferenza emotiva di un napoletano (emigrante? Cit.).
La lingua (“Penso, sogno in napoletano, quando parlo italiano mi sembra di essere falso”), la mimica, le invenzioni: tutto concorre a rendere immortale una maschera definita “malincomica” che in realtà era molto altro.
Il libro ripercorre le passioni infantili (Il grande Blek e Capitan Miki come romanzi di formazione) e perenni (il calcio), gli esordi teatrali tra le farse di Petito e l’ammuina delle quattro mura, la trionfale cavalcata televisiva e le fertili collaborazioni con Ettore Scola, Marcello Mastroianni e Pino Daniele.
Tra le pagine di una vita emergono tratti personali, come quel carattere del sangiorgese che, in quanto prossimo al Vesuvio, porta con sé qualcosa della sua effervescenza e della sua instabilità con lunghe acquiescenze e attività improvvise, e si leggono in filigrana visioni del mondo legate al conflitto ricchezza/povertà (“dentro ho ancora motivazioni sociali, politiche, ideologiche, che cerco di tenere accese perché frequento persone che non si possono permettere un viaggio, facendomi vergognare un po’ e avere un po’ di pudore, per poi dirmi magari che non tolgo niente a nessuno”).
La vita di Massimo Troisi diventa così un prontuario per affrontare le consuetudini della quotidianità e per capovolgerne i luoghi comuni: dal modo in cui accettare un premio a quello di relazionarsi con le donne fino al controverso ed esilarante rapporto con la religione.
Le massime fulminanti e i personaggi sospesi tra passato e futuro ma sempre a disagio nel presente mantengono un’attualità e una “lateralità” che in pochi riescono a dispensare: rivedere sketch, frammenti, interviste, film — anche solo una clip al di’ — sarebbe un’ottima cura contro ogni forma di tristezza.
Ciao Massimo.