Casa è dove vive la letteratura

Letteratume
3 min readApr 4, 2022

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Se è vero (quasi sempre) che casa è dove si trova il cuore, con Andrea Bajani casa è dove si trovano le storie, le identità, gli intrecci, le scelte.

Il libro delle case (Feltrinelli editore) è una multiforme rappresentazione della vita umana, fatta appunto di eventi felici e dolorosi, compiuti e misteriosi. Nelle 78 istantanee regalate da Bajani passano la storia d’Italia e le storie individuali, tanto più riconoscibili in quanto vivamente contemporanee. Cinquant’anni di piccoli e grandi accadimenti camminano paralleli agli spazi casalinghi.

Protagonista è “Io”, in parte l’io dello scrittore, in parte il nostro io, e con lui e noi pezzi di famiglie in costruzione e in distruzione, accompagnate da interni domestici che assumono di volta in volta le caratteristiche di case più o meno presenti nel tempo (sottosuolo, parenti, felicità, sesso, adulterio, parole, prigioniero fino alla casa rossa che simboleggia la R4 in cui fu ritrovato Aldo Moro e alla casa della tartaruga che si erge a felice simbolo della narrazione).

Se lo spazio, talvolta angusto talvolta esteso, è parte integrante della struttura del racconto, ad uscirne in apparenza sacrificato è il tempo, evocato attraverso ricordi in maniera disarticolata e non in ordine cronologico, quasi a voler rappresentare un rompicapo da risolvere mettendo insieme le diverse schegge proiettate tra le pagine.

Verità e menzogna, ricostruzione storica e memoria ingannevole restituiscono un mosaico poliedrico, ipnotico e affascinante: le case ci guardano, ci parlano e sanno di noi più di quanto ci viene narrato.

Rispetto a un romanzo costruito in modo ordinario, l’opera di Bajani assurge a modello di visionarietà e di fervida sperimentazione linguistica, pur non rinunciando ad accennare una trama che si dipana tra Roma e Parigi, Londra e Torino e le rispettive differenze architettoniche.

Il risultato è un perfetto congegno letterario che, senza retorica e con afflato poetico, racconta anche la nostra storia.

«Svuotare una casa è restituirle i muri, riconsegnare all’alloggio lo scheletro della muratura, laddove abitare è invece negare la costruzione, trasformarla in spazio (le immagini appese dicono “Guarda noi, non guardare quello che sta sotto”). Lo svuotamento di una casa è il momento di protagonismo per i chiodi, concepiti per vivere nascosti, e che compaiono alla luce solo in questi casi. Fuoriescono dalle pareti come antenne di lumache, si protendono per vedere: sono gli occhi del mattone, vedono che non è rimasto più nessuno».

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