Che adorabili, queste ragazzine terribili

Letteratume
4 min readFeb 15, 2022

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Catherine Demongeot

Gaudenti, avventurose, ribelli, insolenti.

Sono le protagoniste — rigorosamente femminili — di tre romanzi sulfurei e di una impertinentemente allegra raccolta poetica.

Il tratto che accomuna Zazie e le altre “bambinacce” è la vitale sfrontatezza, che cammina sottobraccio con una musicale insofferenza nei confronti del mondo e delle autorità (possibilmente entrambi incarnati da adulti benpensanti).

Autori e autrici di queste storie arrivano dal Novecento e dagli anni Duemila, fondendo abilmente stili e sguardi che, nonostante tutto, non sono legati e relegati a un singolo genere.

Si passa così dalla piccola circense raccontata da Aglaja Veteranyi in Perché il bambino cuoce nella polenta (Keller editore) alle erotiche e giocose ragazzine evocate da Veronica Raimo e Marco Rossari in Bambinacce (Feltrinelli), passando per la vulcanica Isora di Pancia d’asino di Andrea Abreu (Ponte alle Grazie) fino ad arrivare alla madre di tutte le spudorate, la Zazie nel metró di Raymond Queneau (Einaudi).

Perché il bambino cuoce nella polenta

Costretta a condurre una vita itinerante e a subire gli imprevedibili umori dei familiari, la giovane protagonista del romanzo quasi autobiografico di Aglaja Veteranyi (traduzione di Emanuela Cavallaro), alterna sogni e avventure (i viaggi, il famigerato estero), bisogni (un’agognata stabilità) e paure (è catartica la storia del bambino che cuoce nella polenta, raccontata dalla sorella maggiore).

Tra il tendone di un circo e una roulotte, si muovono ruoli e legami a cui fanno difetto la continuità: in primis una famiglia “spaccata come vetro”, capeggiata da un padre dalle frequentazioni improbabili che mira a diventare una star del cinema e una madre “dai capelli d’acciaio” e dalla grande personalità legata a un numero acrobatico che lascia la figlia (e gli astanti) col fiato sospeso.

Il desiderio di avere un’infanzia e i sentimenti di ironia e stupore, uniti ad aforismi indimenticabili, viaggiano all’unisono sul sottile filo di un trapezio.

Pancia d’asino

Quello di Andrea Abreu è stato definito un romanzo sinestesico, in cui aspiranti donne fanno le loro prove tecniche di vita in un’isola ricca e caotica, allegra e disagiata ricorrendo alla potenza di tutti i sensi percepibili.

La strabordante vitalità di Isora, amica geniale, tirannica e orfana di madre che vive con nonna e zia, viene resa con vivacità e pathos dalla narratrice: a unire le due ragazzine un’infanzia selvaggia che si intesta il compito di provare a traghettarle verso la vita adulta.

Tra cani che latrano e strusciamenti di varia natura, assistiamo allo sviluppo di ogni singolo capitolo come se fosse un componimento musicale, il cui deragliare immortala perfettamente la vita delle ragazzine.

Ode alla traduttrice Ilide Carmignani, che rende in maniera impeccabile il registro lessicale/familiare e la relativa grafia “parlata”, imprimendo anche alla lingua italiana una prosa energica e frizzante.

Bambinacce

Autentiche mine vaganti nella galassia letteraria degli ultimi anni sono le Bambinacce di Veronica Raimo e Marco Rossari, al centro di un canzoniere eroticomico che parla di femminilità e irriverenza, di diritti e di valori.

Ad impreziosire lo scanzonato gioco di coppia ci sono le illustrazioni di Mariachiara di Giorgio, abile a sottolineare la natura laterale e umoristica di questo esilarante esercizio stilistico.

Divertenti e spiazzanti, queste cinquantacinque poesie aprono le porte alla spensieratezza tipica dell’infanzia, assolutistica e totalizzante nel parlare di sesso, orgasmi, deiezioni, parti intime e di tutto ciò che i bacchettoni considerano ancora tabù.

Sono raffinate e spassose, poetiche e deliranti: lunga vita alle Bambinacce!

Zazie nel metró

Non meno vivace e scostumata è Zazie, antesignana delle bimbe ribelli che si trova alle prese con la scoperta della metropoli parigina e del tanto desiderato metró, grazie alla fervida penna di papà Queneau (da non confondere con un altro celebre genitore, ovvero il Quino di Mafalda).

Allontanandosi dallo zio ballerino, la piccola incontrerà sulla sua strada traffico e pappagalli, conducenti di taxi e calzolai, poliziotti burberi e la dolcissima Marceline: una vita pulsante di emozioni che ben si attaglia alla sua incontenibile irriverenza.

Tra virtuosismi verbali e deliziosi giochi di parole, il fondatore dell’Oulipo scrive un insostituibile pezzo di letteratura del Novecento, che troverà anche un’azzeccata trasposizione cinematografica grazie a Louis Malle.

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