Che fine ha fatto la sinistra?
Dio è morto, Marx è morto, e nemmeno la sinistra si sente molto bene.
In realtà la sinistra è data per moribonda a ogni piè sospinto e, stando alle cronache storico-politiche e ai risultati delle urne, il suo requiem sarebbe già stato intonato in svariate occasioni (morte di Berlinguer, crollo del Muro, fine dei partiti e delle ideologie, antipolitica e via discorrendo).
Malgrado la persistenza di uno scenario politico mutevole e comunque poco incline a lasciarsi inquadrare nella vecchia (?) dicotomia novecentesca destra-sinistra, esistono ancora storici, politici e intellettuali che si interrogano su compiti e finalità di questa volatile parte politica nel terzo millennio.
Tre libri in particolare affrontano il nodo dello scollamento venutosi a creare tra “sinistra” e “popolo”.
La scopa di don Abbondio di Luciano Canfora, Il popolo perduto di Mario Tronti (con Andrea Bianchi) e Dalla parte del torto di Tomaso Montanari, sono uniti da un filo rosso — mai colore fu più profetico — secondo cui gran parte di questo ceto politico si è imbevuto di un’ideologia di destra, “arrivando a pensare le persone come mezzi, non come fini.”
La scopa di don Abbondio. Il moto violento della storia
La fine della politica così come l’abbiamo conosciuta nel XX secolo induce a inforcare nuove lenti per capire il presente. Di fronte ai grandi cambiamenti che don Abbondio definiva “colpi di scopa”, Canfora suggerisce di sviluppare un senso critico-realistico che ci aiuti nel fronteggiare il moto sinuoso della storia e ci riavvicini ai valori di uguaglianza e fratellanza.
Dove si trovi la sinistra lungo questo percorso, spesso violento e accidentato, è argomento dibattuto. Da un lato i movimenti “fascistici” sono pronti a lucrare su disagi veri in assenza di una sinistra che ha lasciato per strada la giustizia sociale, dall’altro “la smisurata fiducia nella smemoratezza dei cittadini” esenta la classe politica, presunta progressista, da qualsivoglia impegno morale.
Tra “paralisi italiana” e questione migranti, sul quale si intravvede un maquillage filantropico, Canfora redige un edificante diario politico-elettorale che indugia giustamente sui motori del nuovo schiavismo, a riprova che la sinistra non può prescindere nemmeno dalla questione lavoro.
Il popolo perduto. Per una critica della sinistra
Non può che essere incentrato sul tema del lavoro il libro intervista di Mario Tronti con il giornalista Andrea Bianchi.
Filosofo e politico considerato uno dei padri del marxismo operaio, Tronti passa in rassegna le derive e i fallimenti della sinistra italiana (con il “suo” Pd in testa) e internazionale, evidenziando come ad essere sacrificati sull’altare della realpolitik siano stati proprio il lavoro, la sicurezza, lo stato sociale.
Pur consapevole della sua organicità rispetto all’oggetto di analisi, essendo stato senatore Pd fino alla scorsa legislatura, Tronti opera una critica profonda e costruttiva che, muovendo su vari livelli (Europa, partito, territorio), prova a capire perché la sinistra abbia smarrito la sua storica vocazione.
Non siamo di fronte a un venerato maestro o a un campione del “ve l’avevo detto”, ma a un intellettuale che, vivendo da sempre la periferia, ha compreso meglio di altri che “la mentalità culturale democratico-progressista non ha più capito il popolo” e che da qui si debba ripartire.
Dalla parte del torto. Per la sinistra che non c’è
Quella di Tomaso Montanari, storico dell’arte e da sempre voce lucida della sinistra, è una “ribellione intellettuale ed emotiva” che comincia fotografando una realtà in cui ai diritti umani e alla giustizia sociale vengono anteposti il dominio del mercato e il potere di pochi.
Libertà, uguaglianza, fratellanza sono i capisaldi che, prendendo le mosse dalla Rivoluzione Francese, devono essere conservati e tramandati, per contrastare tutti coloro che oltre al monopolio della forza pretendono di detenere anche quello della verità.
Il punto cruciale è che la sinistra individuata da Montanari è ancora asfittica e lacunosa: da un lato il Pantheon ospita i partigiani, Calamandrei e la Costituzione, Giustizia e Libertà e Norberto Bobbio, Carlo Levi e Simone Weil, Altiero Spinelli e Luciano Gallino; dall’altro si fatica a trovare comunione d’intenti, e talvolta perfino gli intenti.
Clima, lavoro, scuola, Europa, migrazioni, difesa degli ultimi rappresentano dunque i temi e le battaglie più urgenti di cui una classe politica illuminata dovrebbe farsi carico: solo attraverso la difesa dell’interesse generale si può ancora coltivare la speranza, liberandosi così dalla schiavitù del bisogno, dell’ignoranza e della “democratura”.