Con Giordano alla ricerca della Tasmania interiore
Tasmania di Paolo Giordano (Einaudi) è stato uno dei romanzi più acquistati, acclamati e apprezzati del 2022.
Questo incipit è vero solo in parte perché Tasmania non è un romanzo o, perlomeno, non lo è nel senso classico del termine: non siamo di fronte a una narrazione di fiction scritta bene e ricca di spunti e digressioni, bensì a un contenitore onnivoro che tiene insieme fiction e autofiction, reportage e saggio.
Il protagonista, sulla cui identità è perfino sterile interrogarsi, è un giovane uomo alle prese con una crisi di maturità che coinvolge la sfera affettiva e quella sociale e la cui storia è scandita da incontri più o meno decisivi ma tutti fortemente appassionanti.
A unire e talvolta dividere i legami che P. crea con i suoi interlocutori ci sono la scienza e la connessa crisi climatica, il terrorismo e la crisi economica, la religione e la perdita di vocazione, la famiglia e i suoi sconquassi: tutto marcia in direzione di una palingenesi intellettuale i cui contorni non sono chiari fin dalla prima pagina.
L’apocalisse che, oltre al protagonista alle prese con un anacronistico tentativo di scrivere della bomba atomica, attende la compagna Lorenza, il prete in subbuglio Karol, il vulcanico fisico delle nuvole Novelli, l’amico Giulio e l’inafferrabile Curzia, affonda le radici in un tempo “guasto” che tutti vivono ma che nessuno riesce a correggere.
Da qui nasce il desiderio di Tasmania, ovvero un luogo reale o del cuore che consenta a ciascuno di loro (e di noi) di ritrovare sé stessi e l’epoca che meritiamo di attraversare, proprio oggi che il futuro, da ipotesi, si è trasformato in minaccia.
Accompagnando il lettore sul ciglio del burrone della coscienza attraverso una seduta di analisi a cuore e mente aperti e ricorrendo a una prosa nitida e distesa, Paolo Giordano regala una molteplicità di sensazioni e ossessioni che rendono Tasmania un libro innovativo e potente, contemporaneo e struggente.
