Cornia e l’allegro triste ragionare
Cornia è un abile narratore, che scrive per sprazzi e fotogrammi, non ponendosi il problema di accalappiare il lettore alla pagina ma riuscendoci sempre, ogni volta con più coinvolgimento.
Sulle tristezze e i ragionamenti costituisce uno dei libri più esemplificativi del suo stile sghembo, dinoccolato, ingenuo eppure lateralmente profondo. Avendo nel tempo raccontato di amore, morte, lavoro, parenti, animali, impegno (in)civile e ultimamente la propria vita in ordine alfabetico, in questo libretto edito nel 2008 da Quodlibet emerge lo spirito filosofico che lo ha accompagnato sin dall’inizio degli studi, lui laureato in filosofia e insegnante di liceo.
Una filosofia, quella di Cornia, che è sussurrata, sospesa sul crinale che separa la confessione e l’aneddoto fine a sé stesso, senza dimenticare che tra le prose brevi che intessono la narrazione non si parla semplicemente di massimi sistemi, ma di cinghiali, di centri commerciali, di trapianti di testa, di baci con lo schiocco (ma il vero amore è quello dei genitori dell’autore, che a malapena si sfioravano).
Argomento principale è la tristezza, e lo “sragionamento” dell’allievo di Celati e Cavazzoni (curatore con Jean Talon della collana Compagnia Extra in cui rientra il libro) verte proprio sul legame che questa può avere con l’allegria o quantomeno con il modo disincantato e singolare con cui ci rapportiamo con il mondo.
Nello sguardo di Cornia prevalgono dunque un candido stupore e una malinconia latente, che ben si attagliano alla sua amata Modena e alla gaudente, per quanto nebbiosa (un tempo!), provincia emiliana.
Il florilegio di situazioni snocciolate nelle diciotto storielle è reso credibile proprio dalla vista surreale dell’autore, non nuovo a questa tipologia di esercizi e proprio per questo motivo riconosciuto come uno dei maestri della letteratura umoristica.