David Diop racconta la guerra degli ultimi
Il fucile nella mano sinistra, il machete nella destra.
Si presentano così i “tiratori senegalesi”, cruenti comprimari nell’orripilante teatro della Grande Guerra e orgoglio della Francia nera, che si troveranno alle prese con la scrittura di pagine storiche da cui non si potrà tornare indietro.
Fratelli d’anima di David Diop, pubblicato in Italia da Neri Pozza con la traduzione di Giovanni Bogliolo, ha il merito di squarciare il velo di vicende mai troppo note, come la partecipazione dei soldati senegalesi alla Prima guerra mondiale nelle fila francesi, e lo fa affidandosi a piccole storie che hanno il carattere dell’universalità.
Alfa Ndiaye e Mademba Diop sono amici per la pelle, “fratelli d’anima” cresciuti in Africa, e ritrovatisi nell’orrore della trincea con il compito di seminare a loro volta il terrore nei confronti di nemici che temono i “negri selvaggi, i cannibali, gli zulù”.
Alla morte del caro Mademba che, in fin di vita chiederà più volte all’amico di dargli il colpo di grazia, Alfa scoprirà la propria natura ferina, resa possibile dall’inutile atrocità della guerra, e affronterà dunque ogni scontro con ferocia e disincanto, rivelandosi fedele luogotenente del cinico capitano Armand.
Le mani di ogni soldato avversario diventano un trofeo di guerra e la sua stessa brutalità comincia ad essere fonte di preoccupazione per i suoi commilitoni: un demone sembra essersi impossessato di Alfa, che verrà dunque retrocesso nelle retrovie.
Il romanzo diventa così una potente riflessione sulla necessità della violenza e sugli esiti psicologici ed etici che derivano dal consegnarsi ad essa; attraverso immagini potenti e illuminanti allegorie, Diop ci accompagna in un calvario umano e collettivo che dice molto anche della perdita di purezza dell’Africa.
Premiato nel 2018 con il Goncourt des Lycéens e l’anno successivo con il Premio Strega Europeo, Fratelli d’anima merita a tutti gli effetti un posto di rilievo nella letteratura contemporanea.
«Quello che penso è che non vogliono che io pensi. Dietro le parole del capitano si nasconde l’impensabile. La Francia del capitano ha bisogno della nostra natura selvaggia, e siccome noi siamo obbedienti, io e gli altri, facciamo la parte dei selvaggi. Facciamo a pezzi le carni nemiche, storpiamo, decapitiamo, sventriamo».