Dire trentatré con Altan

Letteratume
2 min readMar 27, 2023

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Può un’irresistibile autoironia liberatoria aiutarci a guardare in modo diverso la pandemia e l’emergenza sanitaria appena affrontate?

Sì, se l’autore è Francesco Tullio — Altan, meglio noto come Altan che, nel suo trentatré (Gallucci), passa in rassegna il controverso rapporto degli italiani con la salute: un rapporto diventato inevitabilmente sempre più intenso e morboso rispetto al passato, anche a causa della sequela di chiusure, distanziamenti e sacrosanti patemi.

L’impossibilità di capire qualcosa di grande, complesso e sfuggente ci spinge a quello che lo stesso Altan definisce “cinismo difensivo”, atteggiamento inevitabile quando si è di fronte alla scienza e alle sue declinazioni.

Vignettista, fumettista e maestro indiscusso della satira, Altan ha come sempre il pregio di far sorridere con punte di amarezza, di graffiare con stile e di affrontare temi seri con leggerezza e genialità e stavolta lo fa attraverso una carrellata di vignette esilaranti che tengono insieme mascherine e vaccini, virologi e pazienti, vizi e miracoli.

C’è spazio per luminari da strapazzo (“In vacanza, se il sole scotta, stare all’ombra. Se si ha sete, bere liquidi”) e per imbonitori di ogni sorta, per speranze malriposte (“Hanno scoperto il siero per ringiovanire! Oddio: tutto da capo”) e per inguaribili pseudo-ottimisti (“Ho fiducia, andrà tutto così così”).

Il tutto ponendoci di fronte a uno specchio deformante che, facendoci sorridere e talvolta indispettire, parla di noi e delle nostre debolezze, del nostro tentativo di razionalizzare e della nostra tendenza a drammatizzare.

Del resto ci sarebbe poco da stare sereni di fronte ai ripetuti casi di malasanità (se ne parla in uno degli otto capitoli) o alle dietrologie da stadio che non facilitano la comprensione del mondo, mentre si può affrontare con disincanto e arguzia anche la vecchiaia e — perché no — la morte.

La bravura di Altan risiede anche in quel suo arguto sguardo laterale che non giudica ma disvela, che non polemizza ma illumina, che in definitiva è in grado di pungolare brillantemente le nostre sopite coscienze.

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