E la chiamano estate.

Letteratume
6 min readAug 16, 2021

(Otto splendidi libri per affrontare l’estate e quel che ne resta.)

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Dopo Ferragosto, libri belli vi riconosco.

Anche questo blog si inserisce nel solco dei consigli di lettura per una stagione che dovrebbe essere segnata da tempo libero e disimpegno, vitalità e leggerezza ma che, come lo scorso anno, vive nello spettro della pandemia da coronavirus e che — come tutti gli anni — incappa in polemiche da ombrellone o nella riproposizione di temi eterni. Del resto, come ricorda il New York Times in un bel pezzo, l’avvio delle proposte per le letture estive risale addirittura al 5 giugno 1896.

E allora, dopo i numerosi suggerimenti che sono fioccati a partire dai primi caldi, si approfitta del giro di boa ferragostano per segnalare i libri che possono servire da bussola o da evasione per l’estate (e perché no autunno) dell’anno 2021.

Se il clima impazzisce

Tra clima impazzito e incendi che divampano in maniera più o meno dolosa, non resta che affidarsi a saggi nel senso di libri e saggi nel senso di uomini, che sappiano inquadrare il fenomeno servendosi della letteratura e della cultura come strumenti di comprensione.

La grande cecità di Amitav Ghosh (Neri Pozza) è uno di questi, perché spiega la genesi di quel cambiamento irreversibile etichettato come “emergenza climatica” andando a cercare le cause e gli effetti di un processo accelerato dall’intervento dell’essere umano. L’esperienza diretta — la scomparsa delle Sundarban, l’inarrestabile ritrarsi delle linee costiere, la continua infiltrazione di acque saline su terre coltivate — rendono questo testo una coinvolgente cartina al tornasole per capire il presente e il futuro della terra.

Si occupa con uguale competenza di cambiamento climatico anche il lavoro di Mario Tozzi e Lorenzo Baglioni, Un’ora e mezzo per salvare il mondo (Rai Libri), in cui egoismo, ignoranza e malafede vengono combattuti con la consapevolezza che, mettendo in scala tutta la storia dell’homo sapiens, non ci restano che novanta minuti (il tempo di una partita di calcio!) per salvare il pianeta. Negazionismo, profughi climatici, deforestazione, alluvioni e altre calamità sono i protagonisti di una narrazione concisa e ricca di brio e passione.

Tra storia e toponomastica

Di questi tempi si consiglia la lettura di una guida alle bellezze del nostro Paese, con l’auspicio di tornare a viaggiare con la stessa frequenza di un tempo e di continuare a conoscere storie, tradizioni e ovviamente l’affascinante odonomastica italiana.

Molto interessante al riguardo è Cento itinerari nell’Italia più bella, un gustoso viaggio tra i tesori della Penisola curato e verificato dal Touring Club Italiano. Piccole città e borghi, siti protetti dall’Unesco, preziosi centri d’arte, aree archeologiche, prestigiose località marine e paradisi montani sono il nucleo di un vademecum esclusivo, arricchito da cartografie e informazioni pratiche.

E poi si può fare un giro tra i parchi per assicurarsi che nessuno intenda cambiarne il nome.

Il cosiddetto “caso Durigon”, con riferimento al sottosegretario al Ministero dell’economia e delle finanze che ha proposto di revocare l’intitolazione del parco cittadino a Giovanni Falcone e Paolo Borsellino per dedicarlo ad Arnaldo Mussolini, ha tenuto banco perché è inammissibile che un esponente di un governo che ha giurato su una Costituzione antifascista si faccia promotore di richieste di stampo fascista.

Quindi per non dimenticare si può passare alla lettura di un saggio storico che racconta il gran rifiuto di prestare giuramento al regime fascista da parte di dodici professori: in Preferirei di no (Einaudi) lo storico Giorgio Boatti traccia un percorso dal titolo bartlebiano per rendere omaggio a dodici uomini portatori di valori di libertà, coerenza e dignità.

Non è un libro ma è assolutamente da leggere e studiare la topografia del colonialismo italiano curata da Wu Ming sul blog Giap.

https://umap.openstreetmap.fr/it/map/viva-zerai_519378#6/41.894/7.998

In fuga per conoscersi

Nella vita come in letteratura si può andare in fuga per sognare, per evadere dal presente, per conoscere se stessi oppure per cercare un futuro e un posto migliori. In ogni caso per cambiare lo stato delle cose.

Nel ciclismo si va in fuga chiaramente per vincere, ma anche per mettersi in mostra, per provarci, per vedere l’effetto che fa. In ogni caso per soffrire più degli altri.

Alla voce letteratura si consiglia l’enigmatico, straniante e avvincente romanzo di Hervé Le Tellier, L’anomalia (La nave di Teseo), in cui si naviga tra paure e incertezze, turbolenze e duplicazioni in una narrazione metaletteraria. Partendo da un Boeing 787 lo scrittore francese, storico membro dell’OuLiPo, racconta cosa accade nell’arco di tempo di tre mesi, quando le vite di molte persone vengono scompaginate rendendo indistinguibile il confine tra vita e segreti, in un gioco di specchi umoristico e avvincente.

Nel capitolo ciclismo, le Vie di fuga (People) sono quelle esplorate dal collettivo di scrittura Bidon in una vera e propria tassonomia della sortita: tecniche, storie, distacchi si legano all’imprevedibilità della vita e delle corse. Godibili gli spaccati di vita e di gara, così come le incursioni di addetti ai lavori e amici del pedale che trasformano il testo in una piacevole corsa a tappe.

Kabul: quando la vita è già letteratura

Nell’agosto 2021 Kabul torna agli onori delle cronache.

Dopo aver preso atto che la missione civilizzatrice degli Stati Uniti e della comunità internazionale è miseramente fallita in seguito all’uscita di scena delle truppe americane, ci si domanda cosa possa accadere a un Paese completamente in preda alle mire espansionistiche e liberticide dei Talebani. Proprio in questi giorni, infatti, gli studenti coranici hanno conquistato la capitale dichiarando di voler instaurare l’Emirato Islamico.

Oggi può essere interessante rileggere in filigrana cos’era l’Afghanistan nella seconda metà del Novecento per vedere dove può riportarci la storia. Il cacciatore di aquiloni di Khaled Hosseini (Piemme) è una storia di amicizia e relazioni profonde, di riscatto e di attesa in uno sfondo storico e sociale travagliato e ricco di contraddizioni, con protagonista Amir, per il quale il passato è diventato incombente e pericoloso. Il romanzo di formazione è anche un pretesto per parlare di una realtà, quella afgana, caratterizzata da guerre, dolori e soprusi.

Quegli stessi travagli erano stati visti e sanati da Gino Strada, chirurgo di guerra e fondatore di Emergency, scomparso lo scorso 13 agosto. Il reportage Buskashi (Feltrinelli) è la storia del viaggio in Afghanistan iniziato poche ore prima dell’attentato terroristico di New York, che avrebbe a sua volta dato vita a una nuova fase per il paese afgano. Si tratta di una nitida testimonianza della guerra che aveva portato alla disfatta dei Talebani, la conquista della capitale da parte dell’Alleanza del nord e la “liberazione” di Kabul.

L’impegno e la dedizione di Gino Strada in favore degli ultimi sono stati il motore pulsante di tutta l’attività di Emergency, capace di portare la vita dove c’era la morte, la cura dove c’era l’oppressione. Una strada che molti vorranno continuare a solcare in difesa della pace e della dignità.

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