Elsa, Goffredo e il Sessantotto
Intensa, inquieta, combattiva.
Può essere definita in questi modi l’amicizia tra Elsa Morante e Goffredo Fofi: da un lato una scrittrice affermata che voleva fare la rivoluzione attraverso la letteratura (da ricordare la bella recensione che lo stesso Fofi scrisse del Mondo salvato dai ragazzini sui Quaderni piacentini); dall’altro un critico che ha sempre creduto nella mobilitazione collettiva seppure al prezzo di una “vocazione minoritaria”.
Si snoda tra luoghi dell’anima come la Procida dell’Isola di Arturo, Capri, Napoli e il Vesuvio, la Roma dei poeti e dei letterati, una corrispondenza epistolare che abbraccia il lungo decennio che va dal 1968 al 1981 e che viene condensata nel volume Cara Elsa. Storia di un’amicizia, edito dall’editore napoletano Liguori e curato proprio da Goffredo Fofi.
Un rapporto sincero e privilegiato cominciato con un “Cara signora” e proseguito con i “Cara e carissima Elsa, caro e carissimo Goffredo”, inseguendo vezzeggiativi (Goffredino, Goffreduccio) e complicità che, malgrado alcune spigolosità e incrinature legati a divergenze sulla visione delle sorti della lotta di classe, hanno eternato un luminoso rapporto.
Gli scambi di umore e di vedute, le ansie quotidiane e gli affanni esistenziali dicono molto anche sul clima culturale di un Sessantotto al tramonto, temperie storica in cui forte era la voglia di mutare il reale e altrettanto poderoso era il tentativo di entrambi di favorire il riscatto dei deboli e degli oppressi.
Il carteggio è arricchito nelle battute conclusive da un aneddoto narrato dalla scrittrice e avvenuto cinquant’anni prima nelle feste di Natale all’interno di un orfanotrofio: a questa storia — trasformandone i protagonisti da maschili a femminili — si è ispirata Alice Rohrwacher per il suo Le pupille, candidato come miglior cortometraggio live action agli Oscar.
La chicca conclusiva è rappresentata infine dal Piccolo Manifesto dei Comunisti (senza classe né partito), in cui mettendo in guardia dalla falsa rivoluzione, Elsa Morante contrappone la “libertà dello spirito” al Potere “disonore dell’uomo”.
In tutto questo, nonostante i tuoi discorsi così assoluti e pessimisti, di cui condivido il fondo ma che stranamente sento, sotto sotto, come incitamento a non abbandonare, continuo a considerarti per me e non solo per me un punto di riferimento indispensabile, e lo sai.
Cerca perciò di star bene, che abbiamo (in tanti) ancora un gran bisogno di te, di quello che scrivi, di come sei.
A presto, spero. Con grande affetto
Goffredo