Everyman: ciò che è stato e ciò che sarà

Letteratume
3 min readNov 2, 2019

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Leggere Philip Roth significa accettare che gran parte dei suoi libri continuerà a parlarci anche dopo essere stata chiusa: è questa infatti la sorte dei capolavori, dei grandi classici o semplicemente delle storie che riescono a creare un filo intimo con i propri lettori.

Le opere di uno dei più grandi scrittori del Novecento e dei primi anni Duemila e ormai Nobel mancato, proseguono la missione ancora oggi, dispensando spunti, riflessioni, vita allo stato puro.

Ecco dunque la viva e dolente saga familiare di Pastorale Americana, l’allegra e scandalosa sessualità di Lamento di Portnoy, i sentimenti contrastanti e le contraddizioni della Macchia umana, di Nemesi e di Patrimonio, fino alla malcelata amarezza di Indignazione.

Allo stesso modo Everyman brilla di luce propria, rivelandosi ad ogni rilettura un romanzo vitale, pur parlando di morte e malattia; sincero, pur affrontando omissioni e tradimenti; energico, pur mostrando la stasi del corpo umano.

La morte fa la sua comparsa fin dall’incipit e tornerà a intervalli regolari, ma è volontà di Roth innescare un pensiero virtuoso, seppur non consolatorio, che aiuti a riflettere sulla finitezza umana: per questa ragione attraversano la scena tutti coloro che hanno conosciuto il protagonista, pubblicitario newyorkese di successo e padre di tre figli nati da due relazioni.

《Intorno alla fossa, nel cimitero in rovina, c’erano alcuni dei suoi ex colleghi pubblicitari di New York che ricordavano la sua energia e la sua originalità e che dissero alla figlia, Nancy, che era stato un piacere lavorare con lui. C’erano anche delle persone venute su in macchina da Starfish Beach, il villaggio residenziale di pensionati sulla costa del New Jersey dove si era trasferito dal Giorno del Ringraziamento del 2001: gli anziani ai quali fino a poco tempo prima aveva dato lezioni di pittura…》

Nel rispetto del tradizionale rito ebraico, le voci comprimarie ricordano il protagonista dandone ciascuno un ritratto chiaramente personale, che farà del defunto un autentico “uno, nessuno e centomila”, che non sarà riuscito a diventare ciò che avrebbe voluto.

Randy e Lonny, figli delle prime nozze e presenti per dovere, saranno i testimoni di un ricordo distratto e poco commendevole; l’amata figlia Nancy, accorata e partecipe, sarà la più vicina al rispetto e alla verità; il fratello maggiore Howie, quello che lo conosce più a fondo, ne rievocherà le esperienze comuni sentendo con il cuore il peso della mancanza.

Un capitolo a parte lo meriterebbero l’amore, con tutto il mondo colmo di contraddizioni che ogni relazione si porta dietro, e le relazioni ancestrali, con l’ineluttabilità scritta nelle nostre radici di figli.

Ciò che colpisce è la domanda costante, presente sottotraccia nel testo, su dove finiscano, al termine della corsa, gli alti e bassi della quotidianità, la splendida imponderabilità delle scelte, la pienezza dell’esistenza. Una forma latente di amarezza, quando non di impotenza, resta a fare da sfondo alle tormentate vite dei personaggi.

Come in tutta l’opera di Roth, anche in Everyman la scrittura è pervasa di ironia, humour beffardo e sarcasmo distruttivo: tutti elementi che, uniti a una trama intessuta di flashback, rendono eterne queste illuminanti riflessioni sull’eternità.

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