Gli occhiali d’oro contro il disprezzo
Giorgio Bassani è stato uno scrittore militante e letterario, non retorico eppure profondo, che ha saputo raccontare la Ferrara fascista in modo netto e illuminante, lasciando pietre miliari della narrativa come Il giardino dei Finzi-Contini e Cinque storie ferraresi (Premio Strega nel 1956).
Quella tratteggiata nel romanzo breve Gli occhiali d’oro (Feltrinelli) è una Ferrara borghese e affascinante ma pervasa fin nei suoi gangli più remoti dal fascismo: in questa cornice si incontrano la giovane voce narrante e il dottore Athos Fadigati, “destinato alla più regolare, più tranquilla e per ciò stesso, più invidiabile delle carriere”.
Ne segue un’amicizia pura e disinteressata che, fin quando sarà possibile, farà da scudo alle discriminazioni e successive persecuzioni che entrambi dovranno affrontare: il giovane, ebreo di buona famiglia, minacciato dalle imminenti leggi razziali; il dottore, omosessuale, giudicato da sguardi bigotti e culturalmente arretrati e sfruttato, picchiato e infine raggirato dal rampante Eraldo Deliliers.
Gli occhiali d’oro sono quelli che “scintillavano simpaticamente sul colorito terreo delle guance glabre” e che davano al colto professionista un’aura di eleganza che purtroppo verrà spazzata via dall’intolleranza fascista e borghese.
«Strascicando le grosse suole chiodate sul lastrico, Cenzo si dirigeva verso il centro della piazza tenendo alto con la mano destra un giornale spiegato. “Prossimi provvedimenti del Gran Consigli contro gli abrei!” berciava indifferente, con la sua voce cavernosa».
In questo passo c’è il punto di rottura, in cui il giovane, ormai ventenne, passeggiando nel centro cittadino prende atto di essere un intruso, un escluso, così come lo sventurato Athos Fadigati.
Questa storia parallela vede i due uomini impegnati ad affrontare le rispettive solitudini con animo diverso: combattivo e intenzionato, almeno in teoria, a rispondere all’odio con l’odio, il primo; remissivo, votato all’autocommiserazione ma nonostante tutto incline al perdono, il secondo.
Ricorrendo sempre a una prosa aulica e gradevole, nelle battute finali Bassani ci regala dei dialoghi profondi e delicati, che esprimono tutta la forza necessaria a contrastare lo stigma che pende sulle vite dei due protagonisti e dimostrando che si può rispondere al disprezzo con la bellezza e alle prevaricazioni con una ferma condanna, ancora oggi necessaria.