I baffi sono lo specchio dell’anima?

Letteratume
3 min readMar 17, 2020

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Cosa può accadere a un uomo che un giorno decida di tagliarsi i baffi?

A parte una modifica dell’aspetto estetico può succedere che gli cambi il mondo circostante, come accaduto al protagonista di uno dei primi romanzi di Emmanuel Carrère, I baffi, meritoriamente riproposto da Adelphi con la traduzione di Maurizia Balmelli.

Architetto in carriera, privo di un nome che ne contrassegni pienamente l’identità, il protagonista di questa novella lunga (tra l’altro riproposta al cinema da Carrère in versione regista) si trova a prendere una decisione apparentemente banale, quasi scherzosa, come quella di radersi la peluria sotto il naso, senza lontanamente immaginare l’effetto domino che quest’azione porterà sulla sua psiche e sulle sue relazioni.

Di colpo la moglie Agnès prima, amici e colleghi poi, sosterranno di non aver mai visto quei baffi, ridisegnando così la mappa di una vita fino a quel momento tranquilla, ma ora investita da un colpo di spugna che porterà via foto, viaggi, perfino un padre (morto un anno prima ma considerato vivo in preda a uno dei tanti deliri).

La situazione di indifferenza, se non di insofferenza, che attanaglia il protagonista e il suo nuovo status di glabro viene dapprima vissuta come una gag nemmeno troppo riuscita messa in piedi dalla moglie, poi considerata come una vera e propria macchinazione finalizzata a smascherare la sua (presunta) pazzia.

La soluzione estrema appare soltanto la fuga: Bahrain, Hong Kong, Macao diventano le tappe di una via crucis esistenziale, fatta di smottamenti, di poca serenità e di piccoli castelli di sabbia inesorabilmente colati a picco.

«Lasciavano che facesse tutto il lavoro, che uscisse di testa da solo. E perciò, adesso che aveva capito, la palla ce l’aveva lui, non gli restava che contrattaccare, sul loro stesso terreno, mettere a punto un piano contorto quanto il loro perché si fregassero con le proprie mani.»

Il confine tra follia e congiura ordita ai suoi danni lascerà il protagonista (e i lettori) in un limbo straniante e angoscioso, che getta una luce sinistra sulle identità dei personaggi ma anche sul significato del nostro stare al mondo; in piena inversione di ruoli e seguendo gli stilemi di un thriller psicologico, la pazzia viene di volta in volta ricondotta a soggetti diversi.

Cos’è allora la realtà? Quello che viviamo ogni giorno o quello che gli altri vogliono farci credere?

Sulla scia di Gogol’ e del Pirandello di Uno, nessuno e centomila, e anticipando le ambientazioni paranoiche del suo L’avversario, Carrère ha costruito una trama orrifica e perturbante che, leggendo nel pensiero del personaggio principale, mostra gli anfratti bui e controversi della nostra mente.

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