Il caso è il migliore amico del baro

Letteratume
2 min readFeb 27, 2023

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Oltre cento commedie e un altro centinaio tra film, dischi e libri, che insieme a circa novecento articoli rendono torrenziale la produzione di Sacha Guitry, che tra le altre cose è stato anche disegnatore, pittore, caricaturista.

Come ricorda Edgardo Franzosini nella postfazione dell’unica opera narrativa di Guitry, Memorie di un baro (Adelphi con la traduzione di Davide Tortorella), scopo primario dello scrittore francese è stato il tenere in grande considerazione la collaborazione del pubblico ripagandolo per questo con massicce dosi di ironia, leggerezza e vanità.

Le stesse che accompagnano le tortuose vicende del protagonista di questo godibile libriccino: comincia tutto con un’intossicazione da funghi velenosi, che stermina la sua famiglia ma che lo salverà perché in punizione, costringendolo poi a un lungo peregrinare che inizia con due genitori adottivi meschini e prosegue attraverso diversi mestieri (cameriere, fattorino, ascensorista) e molteplici mete (Caen, Trouville, Parigi e Monaco).

Arrivato nel Principato diventa uomo in tutti i sensi e per quasi venti anni fa ogni esperienza possibile (perde la verginità, si sposa, denuncia gli attentatori dello zar e alla fine viene licenziato dal Casinò in cui era diventato croupier), mettendo a dura prova la sua stessa resistenza fisica ed emotiva e maturando un complicato ma decisivo senso del denaro.

La grande guerra e l’incontro con Charbonnier che gli salva la vita e che, in qualche modo, in futuro lo aiuterà ancora una volta, saranno solo il preludio alla sua “carriera” di baro solitario (“comporta grossi vantaggi ed è senz’altro la cosa che preferisco”), le cui modalità di lavoro vengono ben distinte da quelle in tandem o da quelle in banda, esaurientemente spiegate ed esaltate dal protagonista (“barare significa intralciare i progetti del caso”).

In un libro che, pagina dopo pagina, si trasforma in picaresco romanzo di formazione su sfondo monegasco — parigino, si apprezzano la scrittura vivace e garbata, condita da indovinate digressioni e da una morale che punta a distinguere un baro da un giocatore, lasciando nel lettore dopo un centinaio di pagine ancora piacevoli sorprese.

«Quando si è giocatori, giocatori sul serio, non si può barare: non ci si può sostituire al caso».

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