Il comico surrealismo di Vonnegut
Leggere e rileggere Kurt Vonnegut partendo da libri che lo stesso autore considerava di secondo piano (salvo poi ricredersene, e noi aggiungiamo a ragione) è un’operazione interessante sia da un punto di vista di analisi della sua opera (quanta radicalità e quanto disincanto sin dai romanzi primigeni), sia per quanto riguarda gli aspetti comparativi (se sia o meno l’erede di Twain o di Swift poco importa: resta il fatto che ad oggi non si vedono molti eredi all’orizzonte).
Comica finale si presta perfettamente a entrambi i livelli di lettura, essendo romanzo d’esordio e rivelandosi tanto acerbo quanto scalcagnato, benché intriso di trovate geniali e spunti notevoli per ulteriori romanzi.
Come fa notare Goffredo Fofi nella prefazione dell’edizione Eleuthera, le idee brillanti proliferano spesso, perfino a scapito della coerenza narrativa, generando un ibrido letterario a metà tra saggio e romanzo, documentario e autobiografia.
Protagonisti di una storia ai confini della fantascienza sono Eliza e Wilbur Giunchiglia — 11 Swain, due freaks strambi e dinoccolati, scombiccherati e genialoidi, ingenui e irregolari, eppure caratterizzati da lampi improvvisi e da destini impensabili (Wilbur diventerà l’ultimo Presidente degli Stati Uniti d’America e re di Manhattan).
Il milieu sociale e familiare (allargato e artificiale) è segnato da corruzione, violenza, disuguaglianza, diffidenza, ma la purezza che contraddistingue i due fratelli li renderà liberi e nudi e dunque capaci di fronteggiare perfino la loro solitudine e il rapporto con l’aldilà.
La fantasia e la vitalità sprigionate da pagine che puntano a divertire ma anche a “sconcertare e far male” costituiscono un punto di vista privilegiato, di natura sociologica, sulla condizione umana nella modernità e in un futuro distopico.
Non c’è brama di potere nelle azioni di questi uomini e donne ma solo una inadeguatezza esistenziale che genera effetti catastrofici e umoristici; non a caso, Comica finale (titolo originale Slapstick) è dedicata idealmente a due geni della comicità come Stanlio e Ollio.
Come dunque affrontammo
questa farsa
Che l’uomo e Dio
volevano già persa?
Tranquilli e arditi
in un gioco di cui
I nostri sogni
ritessero gli orditi