Il lato oscuro del brivido
Ispiratrice di Stephen King, figlia inquieta di madre anaffettiva e madre di quattro figli, forte di un ambiente intellettualmente fervido, ha cercato di coniugare i doveri familiari con quelli letterari.
Parliamo di Shirley Jackson, che nasce a San Francisco nel 1916, muore nel Vermont nel 1965 e riceve fama postuma grazie a trasposizioni cinematografiche di suoi lavori e alla riproposizione dei testi più celebri (La lotteria e L’incubo di Hill House per citarne solo alcuni), avvenuta in Italia soprattutto grazie all’editore Adelphi.
Abbiamo sempre vissuto nel castello — scritto nel 1962 e tradotto nel 2009 da Monica Pareschi — è la storia di Mary Katherine detta Merricat e della bella sorella maggiore Constance, le quali vivono, in un apparente idillio, nella tenuta di famiglia insieme allo zio Julian, ridotto in carrozzella e sul crinale di una demenza senile, e al gatto Jonas.
Da sei anni sono orfane dei restanti membri della famiglia Blackwood, morti avvelenati dall’arsenico nel corso di un pranzo di famiglia, e trascorrono le giornate tra giardinaggio, cucina e sparute visite al villaggio della piccola Merricat. Il tutto segnato da una quotidianità fatta di suspence e brividi e interrotta prima da rarissimi incontri e infine dall’arrivo del non proprio disinteressato cugino Charles.
Un filo invisibile, di cui è narratrice in prima persona la giovane Merricat, ci porta a spasso tra ineluttabili sottintesi e sospensioni surreali che, come nella vita dell’autrice, ci ricordano che la paura non si annida solo nella banale concretezza della morte.
Travestendosi da commedia, la narrazione procede per piccoli balzi e condisce i dettagli più ordinari di elementi stranianti e perturbanti che rendono la lettura avvincente e allo stesso tempo allarmante.
Un climax di eventi che, presi singolarmente, sembrano non incidere ma che visti in retrospettiva testimoniano la voragine scavata dai protagonisti rispetto all’inizio della storia, insieme a un linguaggio semplice e affilato, rendono questo breve romanzo un piccolo gioiello che resiste all’usura del tempo e che dimostra anche la capacità seminale di Shirley Jackson nel tracciare un percorso nella narrativa gotica e horror.