Il primo Englander non si scorda mai

Letteratume
3 min readApr 13, 2021

Chi ha già avuto modo di apprezzare gli scritti di Nathan Englander, dovrebbe periodicamente cimentarsi nella rilettura del libro Per alleviare insopportabili impulsi edito da Einaudi e tradotto da Giovanni Garbellini. Chi invece non ne avesse ancora esplorato a fondo l’opera, composta da perle come Di cosa parliamo quando parliamo di Anne Frank o come il recente Kaddish.com, farebbe bene a cimentarsi con l’approfondimento di questa raccolta di racconti, tanto variegata quanto appassionante nel suo correre sul filo della tragicommedia.

Il tema di fondo è il controverso rapporto tra l’individuo e la religione ebraica e tra il suo essere terreno e lo spirito che, in veste di implacabile Super Io, prova ad orientarne la condotta.

La capacità di Englander, tale da rendere imprescindibile la lettura di questo testo, è di sviscerare una materia spesso ostica e non di rado trattata con la lente dell’umorismo (ah, l’umorismo ebraico), ricorrendo a leggerezza e profondità, farsa e tragedia senza mai appesantire una trama ricca di simboli, significati e intrecci.

Rifacendosi verosimilmente ad esperienze personali (la vita e gli studi in una comunità ebraica ortodossa di New York, un’esperienza di vita in Israele e presenza pervasiva di immagini dell’Olocausto), lo scrittore di Long Island mostra coraggio e versatilità, alternando storie che hanno per protagonisti scrittori che, di fronte alla brutalità di un’esecuzione finale, riescono a disquisire di prosa e poesia, e uomini che per folgorazione divina diventano ebrei in un taxi o che vengono invitati dal rabbino ad andare con una prostituta.

Particolarmente agrodolci con venature grottesche risultano i racconti “Gli acrobati” e “Riunione di famiglia”: nel primo, un’improvvisata compagnia circense composta da ebrei riesce a sfuggire al rastrellamento improvvisando numeri che suscitano ilarità e derisione nel pubblico nazista; nel secondo, una clinica psichiatrica diventa il luogo d’incontro tra due personalità agli antipodi che scopriranno di avere in comune la conoscenza di un importante rabbino.

Al termine della lettura dei nove racconti e, dopo aver compulsato l’utile glossario che aiuta a districarsi nel lessico yiddish, restano vivide sensazioni di disillusione alla Roth, di ironia alla Woody Allen e di spaesamento kafkiano, e soprattutto una grande voglia di leggere e rileggere questo fulgido talento che è Englander.

«È strano, ma pare che io sia ebreo. Ha un ebreo nel taxi.
— Non c’è problema. Il tassametro corre uguale per tutte le religioni, — rispose, indicando il display digitale.
Charles ci pensò su. Una reazione positiva, o perlomeno non malvagia. Già. Si aspettava forse il contrario?
Guardò Park Avenue.
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