Il principe alla prova del web
Una società basata sulla diffusione dei dati non è necessariamente una società più evoluta. Se il web e la connettività hanno garantito un maggiore accesso alla conoscenza grazie ai social e alla moltiplicazione delle informazioni, non vuol dire che da questo scenario sia scaturito un incremento di partecipazione.
Quel che sembrano suggerire Mauro Calise e Fortunato Musella nel saggio a quattro mani Il principe digitale è che tutto dipende dall’uso — personale e sociale — che si fa di questa messe di dati.
Lavoro, giochi, informazione, sesso sono alcune tra le varie diramazioni della nostra esperienza on line, ma è dalla comunicazione (e partecipazione) politica che si misura lo stato di salute della democrazia.
In un’epoca di disintermediazione e crollo delle ideologie, chi è davvero il principe digitale?
Solo se l’opinione pubblica riesce a giocare ad armi pari con chi tira le fila del potere (partiti o movimenti sempre più deboli e leader “iperindividualisti”) senza assurgere ad unica depositaria della verità (rischio populismo), allora la libertà informativa troverà davvero compimento e potrà emergere una figura di leader illuminato.
Tracciando una linea che parte dalla nascita della sfera pubblica e tiene insieme la trasformazione dei partiti di massa in “personalizzazione delle masse”, Calise e Musella circoscrivono in primo luogo il recinto dell’ecosistema digitale, individuando nella platform society il terreno di scontro tra cittadini e potere e tra le stesse superpotenze, con i big della net economy pronti a leccarsi i baffi.
La rapidissima ascesa del webpopulismo dimostra come sia ancora incerto il destino della polis elettronica. Le esperienze di deliberazioni in rete o i meccanismi di selezione delle candidature si appellano alla capacità di giudizio del “popolo della rete”, ma rischiano di essere orientate da chi detiene le chiavi del server.
Cosa fare dunque per restituire al cittadino il ruolo attivo che gli compete in un’epoca in cui “la realtà della rete irrompe in quella sociale come costruzione virale”?
La risposta arriva nella seconda parte del saggio, quando i due studiosi immaginano uno sforzo bidirezionale, prevedendo così l’affermazione di un cittadino-attore consapevole e informato ma anche il consolidamento di una classe politica — principe digitale in primis — che sappia tradurre le istanze “virali” in materia concreta.
Grazie ad un ricco e accurato apparato bibliografico, il volume si distingue per l’illuminante analisi di meccanismi politici e partecipativi ancora in forte evoluzione.