Il realismo magico di Whitehead
«Dobbiamo credere nel profondo dell’anima che siamo qualcuno, che siamo importanti, che meritiamo rispetto, e ogni giorno dobbiamo percorrere le strade della nostra vita con questo senso di dignità e di importanza.»
Immaginiamo che nel profondo dell’oscurità si possa intravedere un barlume che ci salvi. Pensiamo che dal ritrovamento di cinquantacinque tombe di poveri innocenti possano discendere delle speranze di giustizia.
Continuano ad essere questi i nobili propositi di Colson Whitehead che nel romanzo I ragazzi della Nickel, pubblicato nel 2020 da Mondadori, tradotto impeccabilmente da Silvia Pareschi e premiato con il Pulitzer per la narrativa, ha ripreso, rifacendosi a una storia vera, l’annoso tema della discriminazione razziale, già affrontato nel precedente La ferrovia sotterranea (primo Pulitzer e National Book Award).
Ambientato nella Florida segregazionista degli anni ’60, il romanzo narra la storia di Elwood Curtis, colpevole di essere afroamericano e per questo accusato di essersi messo alla guida di un’auto rubata. Quale miglior escamotage per ridurre anche questo giovane ragazzo di colore in uno stato di moderna schiavitù?
Sarà la Nickel Academy, riformatorio giovanile che richiama la Dozier School of Florida in cui furono trovati i cadaveri di vittime di soprusi e violenze soprattutto di stampo razzista, a occuparsi della sua (ri)educazione, la stessa che verrà impartita ai suoi altrettanto sfortunati compagni di strada.
L’incontro tra gli idealistici buoni propositi di Elwood — affascinato da Martin Luther King e dalla fiducia di miglioramento degli esseri umani — e il risentito pessimismo di Jack Turner costituirà il punto focale di una storia originale e commovente.
I ripetuti maltrattamenti, l’assassinio programmato di Elwood, il tentativo di evasione dei due ragazzi sono solo alcuni dei dolorosi momenti che segneranno il destino dei protagonisti, mettendo in risalto l’inevitabilità delle sofferenze per chi ha il colore della pelle sbagliato. Nei meandri della Nickel, le peggiori vessazioni vengono infatti riservate ai neri.
La brutalità evocata, lo stile scarno e asciutto, il realismo magico caro a Garcia Marquez, con cui Whitehead rievoca e romanza eventi di inaudita crudeltà, spalancano le porte dell’inferno dei conflitti razziali, sul cui fondo permane nonostante tutto una potente aspirazione a credere nella tenacia, nella redenzione e nella dignità umana.