La bontà non ci salverà
Nella vita — come nell’editoria — non esiste salvezza. O forse sì.
Il Walter Siti di Bontà, racconto lungo o romanzo breve che dir si voglia, invita a una lucida riflessione su cinismo e cattiveria e su come questi atteggiamenti possano, nonostante tutto, confinare con la bontà.
Sulla scorta di altri straordinari romanzi di Siti, è la natura umana ad essere vivisezionata allo scopo di studiarne vizi (molti) e virtù (poche), sogni (frustrati) e quotidianità (marcia), stavolta sullo sfondo di un amorale e fiacco mondo editoriale.
Ormai prossimo alla pensione, Ugo Crivelli è il direttore di un’importante casa editrice, alle prese con normali invidie e incomprensioni all’interno del contesto lavorativo e con amori consumati a pagamento e conflitti irrisolti nella vita di tutti i giorni. A dare linfa ai suoi ultimi giorni (di vita, di lavoro?) è un liberatorio progetto suicida: sposare un uomo — bello, giovane, palestrato — per poi commissionargli il suo assassinio.
Cercare una purificazione attraverso la morte; sperare, per la prima volta, in un vero amore, che sarebbe anche l’ultimo; risolvere per sempre antichi e insanabili conflitti: questi i motivi che spingono il protagonista su un pericoloso crinale.
L’alternanza tra lettura di manoscritti più o meno pubblicabili e la ricerca di un partner per l’indicibile scopo e quella tra il tentativo di arginare le ambizioni e le bassezze dei colleghi, e la presenza di una madre sempre presente benché defunta, rendono il protagonista un invidiabile emblema di tetragonia e di cinismo.
Con ironia e una giusta dose di pietas, Siti ha costruito una trama fitta e ritmata, impreziosita da dialoghi efficaci e da un fecondo registro stilistico, in cui coabitano dotte elucubrazioni esistenziali e sconce banalità.