La letteratura ci salverà dalla bomba atomica?
Una perla che viene da lontano, da un’epoca distante appena un quarantennio, eppure così remota per stili di vita, modalità espressive e, perchè no, assetti geopolitici.
La perla è Pro o contro la bomba atomica e altri scritti (prima edizione Adelphi nel 1987, giunta oggi alla quarta), inedita prova saggistica di Elsa Morante, scomparsa il 25 novembre del 1985. Stiamo entrando dunque nel quarantennale della morte della scrittrice romana ma — in barba ad ogni celebrazione — i suoi scritti hanno ancora e sempre qualcosa da dire.
Come fece notare Enzo Siciliano in una recensione di quel periodo, i lunghi tempi di gestazione delle sue opere narrative (dalla Storia all’Isola di Arturo, passando per Aracoeli e Il mondo salvato dai ragazzini, solo per citare i capisaldi) le impedirono di dedicare spazio e tempo, intelligenza e sensibilità alla forma del saggio.
Pro o contro la bomba atomica e altri scritti, curato da Cesare Garboli, nasce e prende il titolo da una dibattuta conferenza che Elsa Morante tenne a Torino e a Roma nel 1965 in una temperie storica e personale che vedeva l’autrice sospesa tra solitudine e vitalismo: una cifra che non l’abbandonerà nemmeno quando si tratterà di prendere posizioni nette, estreme, nemiche di ogni compromesso.
Il volume è impreziosito da scritti che analizzano l’opera di Umberto Saba e l’eros in letteratura, da dense riflessioni sul ruolo del romanzo in letteratura e da solo apparentemente frivole disquisizioni su Piazza Navona e sulla funzione della cravatta.
L’eterogeneità di argomenti non impedisce quindi al lettore di godere di alcuni illuminanti spunti: che si tratti di un accessorio come la cravatta (“ultimo ponte fra l’uomo e la fantasia”) o dei possibili atteggiamenti che l’uomo può assumere di fronte alla realtà (il vivace Achille; l’insoddisfatto e rassegnato Amleto; lo scontento ma reattivo Don Chisciotte), siamo di fronte a un’opera che non può essere considerata “minore” e che merita a pieno titolo di essere recuperata e nuovamente valorizzata.
La perenne tensione fra la pesanteur e la grazia, evidenziata da Garboli nel saggio introduttivo, è il filo rosso che tiene insieme scritti ordinari e laterali: in primo piano restano però l’immagine della bomba atomica, vista come emblema di una generale impresa di disintegrazione della realtà, e un interrogativo di fondo: “ci sarà salvezza”?
Contro la bomba atomica,
non c’è che la realtà