La novella italiana di Yehoshua

Letteratume
2 min readNov 7, 2022

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“L’insegnante non sente bussare alla porta. E nemmeno gli alunni, completamente assorti nel racconto.”

Comincia così La figlia unica di Abraham B. Yehoshua (edito da Einaudi con la traduzione di Alessandra Shomroni), ultimo romanzo consegnato alle stampe dallo scrittore israeliano, scomparso nel giugno 2022.

Vista l’ambientazione della storia, una città dell’Italia settentrionale, si tratta di un autentico atto d’amore nei confronti del nostro Paese e di quella cultura mediterranea di cui lo stesso Yehoshua era intriso.

Il racconto in cui sono assorti Rachele Luzzatto, figlia unica di una facoltosa famiglia ebraica, e i suoi compagni, è il Cuore di Edmondo De Amicis che accompagnerà la narrazione per lunghi tratti, dandosi il cambio con altre vicende umane e letterarie.

Questa breve novella è incentrata su un singolo e apparentemente insignificante episodio: il padre, avvocato di successo alle prese con un tumore, non consente a Rachele di vestire i panni della Madonna nella recita di Natale.

Per una ragazza alle prese con la preparazione della cerimonia del suo Bat Mitzvah e con i comprensibili dubbi religiosi, alimentati peraltro da una famiglia eterogenea in cui sono presenti atei, ebrei, cattolici, non sembra il miglior viatico per lo sviluppo della personalità.

Eppure Rachele si mostra curiosa e vitale, irrequieta e tetragona, anche quando viene a conoscenza del cancro che rischia di portarsi via il carismatico padre.

Tra una presunta Venezia (i nomi di città non vengono mai esplicitati) e una località montana e attraverso incontri rivelatori (la nonna paterna, l’autista di famiglia, la supplente in pensione, un nuovo cane e un pappagallo fuggito), la giovane costruisce il proprio romanzo di formazione, non rinunciando a mille interrogativi e regalando sempre il suo sguardo saldo e disincantato ad eventi tutt’altro che prevedibili.

In poche pagine, le ultime finora note, Yehoshua riflette e fa riflettere con candore sulla difficoltà di vivere tra due religioni e sulla necessità di restare umani, servendosi di un registro brioso e leggero ma mai retorico e superficiale.

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