La perfezione del dolore secondo Gianni Solla

Letteratume
2 min readJun 8, 2022

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Esistono personaggi letterari che, grazie alla trascinante vitalità (e alla penna ispirata del loro creatore), diventano più vivi di quelli reali. E restano attaccati addosso a chi ha la fortuna di incontrarli sulla pagina.

È il caso della “segretaria”, mamma di Jacopo e autentica dea ex machina del romanzo Tempesta madre di Gianni Solla, uscito per Einaudi nella primavera del 2021.

Madre e figlio, con uno sfondo costituito da un padre macellaio e da onesti comprimari, avrebbe i crismi della relazione archetipica dallo svolgimento lineare e dal sapore di déjà vu.

Invece, grazie a Solla scopriamo una mamma sui generis, affascinante e fascinosa, ribelle e lunatica, incostante e sfrontata, cui fa da contraltare un figlio creativo e fragile, mite e ordinato, puro e taciturno, con l’effetto di assistere a una inversione di ruoli o a un provvidenziale allineamento di figure che per natura non sono paritarie.

Sullo sfondo della periferia napoletana — umana, dolente, bellissima e per fortuna non oleografica — il piccolo Jacopo trascrive ovunque tutto ciò che vive e che sente, coltiva ambizioni; da grande vivrà relazioni discontinue e fugaci, vivendo sempre all’ombra di una madre intrepida e ingombrante, capace di grandi slanci e generosità ma vittima di amnesie esistenziali e stati confusionali.

Tra piatti di pasta e patate e pesce fritto, Majakovskij e nasi che sanguinano, professori che loro malgrado diventano numi tutelari, famiglie più o meno invadenti, il ritmo narrativo viene accompagnato da una delicata colonna sonora di frasi e parole, fatte di grazia e ironia, durezza e semplicità.

La bravura di Solla, che non è nuovo a esilaranti slanci umoristici (leggete Lettera a Scarlett Johanson per credere) e a scarti introspettivi, sta nell’aver raccontato le imperfezioni del rapporto affettivo per antonomasia senza mai giudicare e dosando in maniera saggia il registro abrasivo e quello sentimentale.

Tempesta madre è un libro che fa ridere dalla commozione e commuovere dalle risate.

«Ero convinto che la sua bellezza provenisse da quell’energia fatta per generare le stelle la cui vita era di pochi istanti. Bagliori di buio nell’universo».

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