La perplessa leggerezza di Palomar

Letteratume
2 min readOct 25, 2023

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Festeggiato il centenario di Italo Calvino, si potrà tornare a non leggerne i libri e a citarlo a sproposito, senza farsi assalire da rimorsi aggiuntivi.

Per tenere fede all’inattualità di questo spazio, da parte di chi scrive è stato invece di grande conforto rileggere Palomar, l’ultimo romanzo pubblicato in vita da uno dei più grandi scrittori e intellettuali italiani.

Il signor Palomar, il cui nome rievoca un potente telescopio, viene inseguito sin dalle prime pagine del libro in vari momenti della sua giornata: che si tratti di spiaggia, giardino, terrazzo, zoo o supermercato, il nostro sguardo si posa sul suo che, con ossessione e precisione, scandaglia solo ciò che ha di fronte, come se null’altro esistesse al mondo.

Come ricorda Calvino in una postilla chiarificatrice, il protagonista affronta esperienze visive che hanno per oggetto forme della natura, producendo in questo caso un testo descrittivo. In secondo luogo la sua esperienza coinvolge linguaggio, simboli e significati, dando vita alla forma del racconto. Infine le esperienze speculative riguardanti il cosmo, l’infinito e il nostro rapporto con il mondo generano la meditazione.

Il tentativo di circoscrivere il campo di osservazione si trasforma dunque in una molteplicità di diramazioni vertiginose che avvicinano Palomar (e il lettore) a una possibilità di infinito.

Cosa potrebbe significare tutto questo? Cosa accade al nostro modo di rapportarci con il mondo?

I sensi e la ragione non sempre forniscono le risposte attese: così come il silenzio speculativo e meditativo che ne deriva è una reazione alla bulimia di parole (siamo ancora nel 1983), allo stesso modo lo sguardo meticoloso e molecolare è pur sempre infido e incapace di restituirci l’essenza delle cose.

Ci si potrebbe allora affidare alla mente, ultimo baluardo di ogni ipotesi intellettuale, che può incantare o deludere, ma può ancora restituirci qualche idea sulla trama del mondo: nemmeno in questo caso l’autore, per fortuna, fornisce risposte nette.

L’ultimo Calvino è uno scrittore metafisico e perplesso, che non rinuncia alla ricerca della leggerezza e della profondita, aiutato stavolta dal fischio degli uccelli e dalle onde marine.

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