La splendida Spoon River di Saunders

Letteratume
2 min readSep 20, 2021

Divertente, corale, umano, profondo, autentico, etereo. Capolavoro.

Aggettivi (e un sostantivo) si sprecano per rendere onore a uno dei più importanti romanzi usciti negli ultimi anni: Lincoln nel Bardo di George Saunders (edito da Feltrinelli con la sublime traduzione di Cristiana Mennella), di fatto un meritato Man Booker Prize che è molto più di un romanzo.

Servendosi di rimandi e citazioni, ricostruzioni e testimonianze vere, verosimili o inventate (ché la letteratura è soprattutto questo), Saunders costruisce una Spoon River post-moderna in cui una schiera di defunti racconta la propria storia accogliendo la fulminea dipartita del giovanissimo Willie Lincoln.

Il figlio dodicenne del Presidente degli Stati Uniti è il protagonista — soggetto e oggetto — del perturbante eppur delicato coro di anime in stallo: al confine con la vita, ma ormai morti, Roger Bevins III, Hans Vollman e il reverendo Everly Thomas curano il piccolo cercando di facilitarne il trapasso attraverso quello stato intermedio che è appunto il Bardo del Libro tibetano dei morti.

Abramo e Willie Lincoln

Al contempo le tre guide interagiscono con altre anime di varia provenienza, ciascuna connotata da linguaggi, vite e comportamenti propri, ma soprattutto con quella “viva” di Abramo Lincoln, colpito dall’indicibile lutto un anno dopo l’inizio della Guerra Civile, a riprova che prima del Presidente degli Stati Uniti d’America c’è un uomo con le sue tragiche sofferenze.

Quel che accade in una sola notte, durante la quale il piccolo Willie (morto per i postumi di una polmonite sottovalutata) dovrà acquisire la consapevolezza della propria morte e il grande Abramo dovrà continuare a fare la Storia sentendosi morto, assume contorni magici e alienanti, surreali e assurdi.

Straziante e accorata l’immagine del padre che sfila la nicchia dalla parete per abbracciare ancora una volta il figlio alla disperata ricerca del dono più grande che è il tempo, “altro tempo”.

Gli spiriti che popolano una narrazione che procede tra mito e opera, echi danteschi e trame joyciane, chiedono a tutti noi quale sia il senso delle imprese, del successo, della fama se poi tutto viene inghiottito dal nulla.

Saunders ne scrive a meraviglia rendendo tutto dannatamente umano.

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