Le appassionanti peripezie di un ex conformista
“Cosa ho io di uguale a te? Perché devo esserti uguale?”
È un grido di dolore quello di Rodolfo Casadio, protagonista del romanzo di Diego Marani, L’uomo che voleva essere una minoranza (La nave di Teseo), in cui il tema del conformismo subisce numerose e feconde torsioni grazie a una chiave comica e grottesca.
Rodolfo è uno che nella folla si sente al sicuro (superconformista, placido barbiere, marito devoto), consapevole che vincere significa mettersi in bilico e che è dunque preferibile attenersi alle opinioni della maggioranza.
Che si tratti di una donna, di una squadra di calcio, di un ideale politico, Rodolfo adora annegare nel brodo dell’uguaglianza e non pare intenzionato a cambiare il proprio ordinario e inquadrato stile di vita.
A un certo punto, però, la situazione diventa insostenibile, condita prima da disagio poi da insofferenza, e il protagonista decide di fare un’inversione a centottanta gradi: di colpo non vuole essere più accomunato a nessuno.
Il primo sollievo diventa lo studio dell’esperanto e l’inizio di una fitta corrispondenza con un certo Igor di Saratov, paesone russo dove tutto è grande e non esiste moltitudine; lo studio matto e disperato di una nuova lingua lo porta a tentare di arruolare nuovi esperantisti per diventare appunto minoranza, ma la delusione è dietro l’angolo, anzi sul sagrato della chiesa dove crede di poter fare proseliti.
«Per quanto feroce possa essere lo scherno della folla cieca quando addita il comportamento anomalo, poi alla fine prevale la consapevolezza che si espone a tanta umiliazione deve essere tagliato in due da un dolore incontenibile, di quelli che alla fine riguardano tutti, non solo l’immediata vittima.»
Il secondo passo di una improbabile conversione è costituito dal tentativo a dir poco grottesco di aderire all’ebraismo, segnato da un dialogo conflittuale col rabbino e da equivoci erotici (con venature comiche) insorti con la moglie, agli occhi di Rodolfo anche lei lembo di maggioranza che prova a ghermirlo.
Di fronte all’impossibilità di farsi minoranza religiosa scoprendosi ebreo (gli anziani figli di Israele, senza brutalità ma con un’impellenza scaturita da un unanime istinto, lo accompagneranno alla porta della sinagoga di Ferrara), non gli resta che il tentativo ipocondriaco di ritrovarsi disabile, alla ricerca di un minimo sintomo che possa fargli meritare l’ingresso nelle file della più intoccabile delle minoranze.
La sequela di disperate delusioni porterà Rodolfo a una decisione drastica e sorprendente che rende il breve romanzo di Marani, già impreziosito da una componente lieve e ironica, ancora più gustoso.