Le controstorie di un contastorie
Come per Conversazione su Tiresia, apprezzare le doti teatrali di Andrea Camilleri, alle prese con Autodifesa di Caino, avrebbe avuto un importante impatto culturale e morale.
Invece pochi giorni dopo la data fissata per la rappresentazione alle Terme di Caracalla, il papà del commissario Montalbano ci ha lasciati, permettendo tuttavia a Sellerio di pubblicare questo testo che sa quasi di testamento spirituale.
Nel suo ultimo monologo, da bravo contastorie Camilleri veste i panni di Caino per tracciare la controstoria di una figura biblica, universalmente dileggiata e osteggiata, le cui azioni diventano pretesto per innescare una profonda riflessione su Bene e Male.
Saranno dunque i lettori in veste di signori della Corte gli unici titolati a pronunciare un verdetto che chiamerà in causa Dio e le prove della sua esistenza.
Seppure in assenza di un giudizio definitivo, l’esercizio di rilettura della Genesi operato da Camilleri diventa avvincente, gustoso, vagamente satirico. Dalla nascita del terragno Adamo (superstite dei nani da giardino che non “cataminavano”) alla comparsa della protofemminista Lilith prima ancora che di Eva, fino all’arrivo di un Caino legatissimo a sua madre e di un Abele ancor più umano nel suo istinto omicida, l’idea di fondo è che, come tutti gli estremi, Male e Bene a un certo punto convergano creando un magma indefinito e inafferrabile.
Caino uccide il fratello per legittima difesa, intavola con Dio tentativi di dialogo piuttosto infelici, continuerà a vagare per punizione divina: ciononostante, o forse a maggior onta, il cattivo per antonomasia è aancora tra noi viste “due guerre mondiali, una gran quantità di guerre locali, gli eccidi, gli stermini, i massacri, i genocidi, le pulizie etniche, le stragi, gli attentati, i femminicidi”.
Quel che sembra suggerire Camilleri, grazie anche alle felici incursioni di Borges, Amos Oz, Fo e Saramago, è che “non sempre dal bene nasce altro bene e non sempre il male genera altro male”, avvalendosi dunque, in un ultimo virtuosismo teatrale, della facoltà di non condannare definitivamente Caino.