Lo stato dell’amore in Hornby
Se, come sostiene Julian Barnes, “il matrimonio è un pranzo interminabile con il dolce servito per primo”, allora Lo stato dell’unione del connazionale Nick Hornby fa di tutto per rievocare quel piacevole sapore, provando a scongiurare l’esito più scontato di un rapporto in panne, ovvero la separazione.
Tom e Louise, protagonisti dell’ultimo romanzo di Hornby, tentano appunto tra frenate e accelerazioni di tenere in piedi la claudicante unione e si rivolgono a una consulente matrimoniale: l’inizio della terapia coincide con un nuovo inizio nella vita di coppia.
L’originalità della narrazione risiede nel fatto che le sedute vengono solo evocate, digerite, rielaborate attraverso dialoghi salaci e ricchi di spirito di osservazione, in cui entrano in gioco ripicche, ripensamenti, risentimenti, ricordi.
«Bene. Tu hai smesso di venire a letto con me, e io ho cominciato ad andare a letto con qualcun altro.»
«Questa… questa è una versione molto abbreviata. E molto rozza, se mi passi l’espressione.»
Critico musicale lui, gerontologa lei, seduti al tavolino di un pub, hanno perfino il tempo e la spensieratezza di osservare l’avvicendarsi delle altre coppie in visita alla specialista.
Ne consegue una approfondita e mai banale riflessione sulla vita di coppia e sugli intralci che ne rallentano l’evoluzione o il sereno svolgimento, una riflessione che lambisce i temi più disparati e che, di capitolo in capitolo, si trasforma in metafora (la maratona, il gesso, i delfini, la prigionia).
Ironico, lepido, pungente, divertente e divertito, Hornby conferma di possedere una verve narrativa che gli consente di mescolare, con bravura e leggerezza, amore e dolore, la settimana enigmistica e Bob Dylan, lo sport e la Brexit.