Mentre tutti intorno fanno rumore
Il 18 maggio 2021 termina l’esistenza terrena del Maestro Franco Battiato. Crediamo che, ovunque si trovi, starà assistendo con con fare minimale e aristocratico (con punte di lusinga e qualcuna di fastidio) ai numerosi e meritati tributi. Chiunque sia interessato a ripercorrere i passi di una lunga, originale e luminosa carriera, potrà leggere questo delicato libro-intervista dato alle stampe nel 2018 dall’editore La nave di Teseo.
Temporary road — (una) Vita di Franco Battiato è un libro-intervista in cui il giornalista e scrittore Giuseppe Pollicelli dialoga con il Maestro catanese passandone in rassegna le tappe più importanti della vita e della carriera.
A corredo del testo ci sono le foto scattate tra la casa di Milo e i cari luoghi siciliani e, allegato allo stesso cofanetto, c’è il docufilm presentato al Torino Film Festival nel 2013.
Pollicelli è riuscito nella non facile impresa di entrare, in punta di taccuino, nella vita di un artista schivo ma in realtà più “pubblico” di quanto si possa pensare, proprio perché in Battiato convivono, al di fuor di retorica, vita e arte.
«Essere famoso ti può costringere a dedicarti con la massima attenzione ai tuoi spazi privati e alla valorizzazione della tua interiorità» è la prima dichiarazione d’intenti dell’artista, che apre le porte della sua dimora e del suo silenzio raccolto, dispensando ricordi e riflessioni.
Quasi in odore di leggenda, si comincia con i fulgidi e complessi decenni ’60-’70 e con le prime “oscure” e non accreditate collaborazioni con la casa discografica Bla Bla. Rievocando la realizzazione in sole ventiquattr’ore del disco di Genco Puro &Co. in collaborazione con Riccardo Pirolli e la creazione dello pseudonimo Ed de Joy, nato tra “fisime autoriali e boria giovanile”, si intravvede la tendenza a far coesistere, nello stesso musicista, più livelli di lettura.
Pop e sperimentazione, spiritualità e successo, provocazione ed equilibrio sono solo alcuni dei leit-motiv che contrassegnano la cinquantennale carriera di Franco Battiato.
C’è infatti spazio e voglia per ricordare la straniante e dirompente pubblicità dei divani Busnelli, che vede il testimonial ritratto con stivaloni, orecchini e pantaloni a stelle e strisce, così come è fondamentale rimarcare il milione di copie raggiunto dalla Voce del padrone, con conseguente volontà di allontanarsi dal successo e dai facili consensi (nasce anche così L’arca di Noè).
In Battiato Tout se tient.
«Gli italiani tendenzialmente non amano le scommesse.» Anche per questo, l’autore di Centro di gravità permanente e di dischi come L’ombrello e la macchina da cucire è grato a un pubblico, fedele e appassionato, che non viene mai blandito né compiaciuto, ma che è stato volentieri “costretto” a non perdersi tra i rivoli delle evoluzioni estetiche.
In Temporary road si entra nell’universo Battiato parlando di Beethoven, di Telesio e Sgalambro, e di un Michael Nyman suo discreto fan, scandagliando la passione di Battiato regista per un cinema puro e interpretato con l’umile determinazione del novizio («la tecnica deve essere al servizio dell’arte») e apprezzandone infine la ferma decisione di vivere in solitudine, dedicando tutte le energie al superamento della materia e della pura esperienza sensibile, proprio alla maniera dei buddisti tibetani.
La “linea verticale” di Inneres Auge è infatti quella che dovrebbe condurci verso lo spirito e questo può avvenire solo attraverso la musica, autentico ponte tra il mondo ordinario e quello superiore, tra la realtà apparente e il divino. Segno che — Battiato docet — la nostra esistenza non deve essere vista come una linea retta compresa tra un inizio e una fine e che «le fasi di oscurità non sono sciagure ma doni per elevarsi.»
In questo fitto e godibile dialogo-intervista, la voce limpida e autorevole di un grande Maestro riannoda quindi i fili di una carriera composita e ricca, distillando perle di saggezza come quella di un mistico indiano, contenuta nella canzone in Eri con me:
«Ciò che deve accadere, accadrà perché è già accaduto.»