Michela Murgia, il Generale Vannacci e la decodifica aberrante
«Laddove le donne non vogliono più sposarsi e prendersi cura della famiglia, i gay invece pretendono di farlo come se fosse una cosa normale. È il mondo al contrario generato dalla democrazia, dove ogni scempiata acquista senso solo perché c’è una maggioranza a dire che va bene. Questo sconquasso che sta mandando a monte la famiglia naturale si origina dall’idea del tutto errata che le donne siano uguali agli uomini e i gay uguali agli eterosessuali».
Queste parole fanno parte del luminoso libello Istruzioni per diventare fascisti (Einaudi), scritto da Michela Murgia nel 2018.
Quindi tana per il generale Roberto Vannacci!
Pur volendosi calare nella sua illuminata prospettiva, non capiamo infatti il motivo per cui l’ex Comandante dell’Istituto geografico militare abbia voluto attendere la morte di Michela Murgia per dichiararne la totale adesione al suo pamphlet.
Perché è questo che avrebbe voluto dirci Vannacci: seguo la Murgia (articolo più cognome femminile: sì la Murgia, no il Vannacci) e ne sposo i principi enunciati in questo libro tagliato su misura per quelli come me, che — mi sia consentito — sono l’unico baluardo contro il progressismo incipiente, contro le sinistre radical chic, lgbtq+ addicted e cannabinofile.
C’è un però: quello di Michela Murgia era un prodigioso divertissement, incentrato sull’artificio retorico del paradosso, e il nostro Generale, nato alla Spezia nel 1968 (questo per dire che le rivoluzioni attecchiscono male), lo ha preso tremendamente sul serio, perché lui è uomo di legge che legge (e purtroppo scrive), di disciplina che disciplina e di ordine che non ordina più in quanto destituito.
Dopo il virgolettato riportato nell’incipit di questo post, riprendiamo Michela, che ci manca, e il suo “A scanso di equivoci” che chiude il libro edito da Einaudi: «Lo so, adesso vorresti che in questa chiusa io ti dicessi che era una provocazione…».
“No!”, rispose Vannacci. E proprio in quel momento chiuse il libro.
Perché se avesse continuato nella lettura e nella esegesi del testo, avrebbe compreso che la Murgia, cioè Michela Murgia, scrittrice e intellettuale che ha lottato e lotta tuttora grazie alle sue opere per diritti non riconosciuti, voleva spiegarci che la difficoltà più grande è cercare di stabilire chi non è veramente coinvolto nella legittimazione del fascismo come metodo, ovvero è sempre più difficile scovare il fascismo in me (sulla scorta del Berlusconi di Gaber) evitando che questo contamini tutto perché “se tutto è fascismo, niente lo è”.
Nasce da questo intento l’inserto finale del fascistometro, un insieme di affermazioni fasciste e reazionarie che misura la nostra aderenza all’immaginario fascista, da cui tuttavia nessuno può dirsi immune.
A titolo puramente esemplificativo: «Non abbiamo il dovere morale di accoglierli tutti; il suffragio universale è sopravvalutato; prima dovrebbero venire gli italiani; i bambini facciano i bambini, le bambine facciano le bambine; una donna, per quanto in vista, deve sempre dare luce al suo uomo; e comunque esiste una famiglia naturale; la lobby gay adesso sta esagerando con le pretese; penso ai nostri ragazzi delle forze armate; abbiamo le nostre radici cristiane da difendere; ci rubano il lavoro; un paese senza confini non è un paese; un paese civile non può dare diritto di voto a gente che fino a ieri stava sugli alberi».
Tutto materiale per Il mondo al contrario che, non dimentichiamolo, veleggia oltre le 100.000 copie e i 900.000 Euro lordi di fatturato (fonti GFK e Corriere della Sera) e, dall’alto della sua autopubblicazione prima di passare alla pubblicazione editoriale de Il Cerchio, si autopromuove in questo modo: «Quando gli occupanti abusivi delle abitazioni prevalgono sui loro legittimi proprietari; quando si spende più per un immigrato irregolare che per una pensione minima di un connazionale; quando l’estrema difesa contro il delinquente che ti entra in casa viene messa sotto processo; quando veniamo obbligati ad adottare le più stringenti e costosissime misure antinquinamento, ma i produttori della quasi totalità dei gas climalteranti se ne fregano e prosperano; quando le città si trasformano in luoghi per single benestanti e alternativi mentre lavoratori, operai e Famiglie sono costretti ad abbandonarle; quando definirsi padre o madre diventa discriminatorio, scomodo ed esclusivo perché urta con chi padre o madre non è. Molti chiamano questa condizione Civiltà e Progresso. Ecco, questo libro è dedicato a tutti gli altri!».
Quindi, prima che la letteratura (sic!) folgorasse l’esponente della Folgore, sarebbe stato opportuno leggere per intero il libriccino di Michela, tanto per capire che certe idee reazionarie allignano in Italia già da mezzo secolo e che, studiando e capendo, possono anche essere rovesciate con ironia.
Unica consolazione: confidiamo che negli ebook di storia dei nostri nipoti Michela Murgia avrà l’ampio spazio che merita, il generale Vannacci no, confermando la sua natura di miasma paraletterario paracadutato nella italica calura del 2023.