Naufragare è sempre dolce quando c’è poesia
Non è mai semplice tradurre in parole i propri stati d’animo, tanto più se si decide di farlo attraverso la poesia.
L’abilità di Francesco Campagna, insegnante e poeta o meglio ancora poetico insegnante, nonchè animatore del collettivo Librofili, sta proprio nell’aver trasferito in splendidi versi gli spaesamenti e le alienazioni di un’epoca complessa.
Nasce così Naufragare (Bertoni editore): una raccolta poetica il cui titolo e alcuni temi di fondo rimandano chiaramente a Giacomo Leopardi e alla corrente dell’esistenzialismo.
La fuga dal presente, lo sradicamento, l’erranza trovano rifugio in immagini che, facendo da contraltare, sono spesso luminose (yakamoz è il riflesso della luna sull’acqua, possibile spiraglio tra le tenebre) o esotiche ed evasive, se si pensa alle connessioni costanti ad altre lingue.
Non ci sono solo il paesaggio o l’ambiente naturale (“Farfalle e lucciole/fra gli sciami/dei miei pensieri), ma anche l’amore e la presenza di un lei lirico, a rendere i passaggi tra tempo e spazio meno traumatici e dolorosi. I titoli delle varie sezioni, volutamente ossimorici, accompagnano il lettore tra cicatrici dorate e ali lacerate, tra cielo in prigione e spleen, per poi trovare una forme di pace sublime nei frammenti di universo.
Sospeso tra il poeta di Recanati e Blade Runner, tra Rilke e T.S. Eliot, Francesco Campagna si presenta attraverso un ateismo incombente (“Dio è lontano/o forse non è mai esistito”), un miserere e strade gremite di atroci croci umane, per poi consegnarci l’immagine di “Flebile neve del salice bianco / Come lacrime nella pioggia”.
A cavallo tra pessimismo della ragione e ottimismo della volontà, squarci di evasione (“La Poesia è il ritratto del mondo/Musica frivola”) si fanno largo tra passaggi idilliaci e momenti furenti.
Naufragare ci ricorda così le nostre fragilità e fallibilità, non dà risposte, non concede tregua, ma proprio per questo ci invita a sentirci ancora una volta eternamente vivi:
Vivo dunque scrivo
Scrivo dunque grido
Grido dunque soffro
Soffro dunque vivo
SOPRAVVIVIAMO
Non si può vivere senza dolore
È un sentiero olezzante
È una strada conturbante
Dadi lanciati
Nidi bruciati
Solchi scavati
Continua lotta di caste
Perenne guerra
sotto lo sguardo fugace del Tempo
Sopravviviamo
tra ginestre cibernetiche
tra labbra imputridite
tra le incrostazioni
della salsedine
Carcasse ambulanti
La tregua non esiste