Nove modi per dire grazie a Gianni Rodari
Una conferenza inedita di oltre mezzo secolo fa dice ancora molto sull’importanza della lettura e sul ruolo dell’editoria per ragazzi.
La tenne a Napoli nel 1967 Gianni Rodari e, da un paio di decenni, è contenuta, oltre che in lacerti sparsi, nel libriccino Libri d’oggi per ragazzi d’oggi (il melangolo), saggio leggero e colloquiale che raccoglie anche una nota dello stesso autore e la prefazione di Giorgio Scaramuzzino.
La domanda da cui è partito Rodari, sulla scorta di una fertile e illuminante pubblicistica, è di tipo pedagogico prima che editoriale in senso stretto: cosa conta nell’educazione alla vita e alla crescita di un bambino?
Prima ancora di proporgli (e non imporgli) un libro, bisogna sforzarsi di guardare il bambino con passione, tenendo ben presenti i suoi sogni e le sue utopie: solo così può nascere quel dialogo, tra pari e tra docente e allievo, che a sua volta può favorire la coltivazione di un interesse come quello per la lettura.
Il rapporto tra la fiaba e la fantasia, la neutralità dei mezzi di comunicazione di massa e la demonizzazione dei fumetti (“non è un male in sé”) sono altre linee di sviluppo di un intervento tanto svagato quanto profondo.
In appendice vengono enunciati gli ormai celebri “nove modi per insegnare ai ragazzi a odiare la lettura”, partendo dal presentare il libro come un’alternativa alla tv o al fumetto (oggi sarebbe tacciato di essere un’alternativa a internet, ma non necessariamente ai social ché non ci sarebbe storia) fino all’affermare che in passato i bambini leggevano di più, il che porta Rodari a citare fior di statistiche che smentiscono un atavico luogo comune, buono per tutte le stagioni.
Senza tralasciare la tesi delle “troppe distrazioni”, del rovesciamento di colpa, del libro come strumento di tortura e del rifiuto di lettura da parte dell’adulto, appaiono particolarmente paradigmatiche le ultime due, ovvero “ordinare di leggere” (“non si può ordinare a un albero di fiorire se non è la sua stagione”, estendibile del resto a molteplici ambiti in cui si misurano i poveri pargoli) e “non offrire una scelta sufficiente”, che potrebbe essere arginato, oltre che da ammirevoli interventi scolastici e familiari, anche da librerie e biblioteche che hanno ben chiaro il significato di investimento culturale (anche se in tal caso sarebbe doveroso aprire una lunga discussione sul library divide che attanaglia la nostra Italia).
A oltre quarant’anni dalla morte di Rodari, ci rendiamo dunque conto che le sue riflessioni e i suoi insegnamenti restano giustamente di attualità per i bambini di un tempo, per quelli di oggi e per quelli che verranno.