Perdersi in un luogo comune
Abitare un luogo comune, evocarlo, smontarlo e ricostruirlo per mostrare i limiti del mondo. Correndo il rischio di perdersi.
È quello che fa Luigi Malerba in Storiette e storiette tascabili uno dei titoli più esemplificativi dell’universo surreale e mai troppo improbabile, creato, con acume, dal geniale scrittore parmense, morto a Roma nel 2008.
Come rievoca giustamente Franco Marcoaldi nella prefazione all’edizione Einaudi, “prendere il mondo alla lettera (…) sarà il miglior viatico per verificare come il nostro abituale modo di pensare, e dunque l’intera rete di rapporti su cui è fondato il consorzio sociale, sono — di fatto — totalmente campati per aria.”
Si spiegano così gli Scherzi ai posteri degli Egiziani e la amicizia-rivalità di due signore su tacchi ogni giorno progressivamente più alti, il panorama di Roma che si consuma e la zebra che non accetta le sue righe.
Allo stesso tempo i protagonisti delle edificanti “storiette”, che sono di volta in volta animali o umani, fanno di tutto per mettere ordine nel caos del mondo (Marione separa i numeri pari dai dispari, il bianco dal nero, i sostantivi dagli aggettivi, per poi generare una confusione superiore) non accorgendosi che caso e regole, astratto e concreto, tragico e comico, viaggiano sullo stesso binario.
Appellandosi ora alle amate galline (ricordiamo anche il sublime Le galline pensierose), ora alla vita bucolica, lenta e pacata nella sua splendida indolenza, Malerba ci dice che il confine tra stupidità e visionarietà è molto labile e tratteggia così i contorni di una realtà che esiste e che è discretamente al nostro fianco.
Basta solo volerla vedere.