Poeta distratto o critico pignolo?
Foscolo, Manzoni, Leopardi non dormiranno più sonni tranquilli. E con loro Carducci, Pascoli, Montale.
Dall’empireo letterario guarderanno con sospetto e diffidenza Alberto Piancastelli che, nel suo Pignolerie, ha smontato e setacciato le loro opere alla ricerca di errori, storture, incongruenze.
Ventiquattro opere di otto poeti diventano così la cattedra da cui un giustiziere buono intende mettere in guardia lettori superficiali e riscattare studenti passati, attuali e futuri da metri (e metriche) di poesie mandate giù a memoria senza spesso capirne il senso e talvolta le stesse parole. E i più grandi esponenti della nostra repubblica delle lettere non potranno che ascoltare giudizi lapidari come “mi aspettavo qualcosina di più, son sincero”, “ne ha scritte di migliori”, “forse se questa non la scriveva stavamo bene lo stesso”, “non ci siamo neanche qui” e, nel migliore dei casi, “non mi è dispiaciuta”.
Nella sua opera di svelamento di capolavori come In morte del fratello Giovanni, San Martino, L’Infinito, Marzo 1821, il critico pignolo individua errori di calcolo e di misura, di logica e chilometraggio, di meteorologia, di tempi di percorrenza, di acustica, di assonometria, di parallasse.
Come non meravigliarsi quindi di fronte al fatto che Zacinto può diventare “mia” solo per usucapione, che Bolgheri in realtà avrebbe dovuto essere Marina di Bibbona viste le lacune in materia di moto apparente di Giosuè Carducci (il primo Nobel italiano per la letteratura è il più bersagliato con sei poesie ai raggi x) e che Leopardi avrebbe dovuto correre da una finestra all’altra per vedere la donzelletta al “calar del sole”?
Nulla sfugge al vaglio di Piancastelli che, nel divertito e divertente tentativo di mettere alla berlina dei mostri sacri, mostra in filigrana una rassicurante auto-ironia che ci consente di sorridere con lui senza temere di essere accusati di delitto di lesa maestà.
Un esercizio stilistico originale e formativo che non poteva che nascere dal catalogo dell’editore Quodlibet e dalla collana Compagnia Extra curata da Ermanno Cavazzoni e Jean Talon.