Quando i migranti eravamo noi

Letteratume
3 min readAug 24, 2019

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Cacciateli! Quando i migranti eravamo noi di Concetto Vecchio è un gomitolo di memorie che apre commoventi e necessarie parentesi sul passato, dimostrando che i corsi e ricorsi storici continuano ad essere la migliore chiave di lettura del presente.

Il saggio di Concetto Vecchio, a metà strada tra romanzo documentaristico e memoir autobiografico, è un intenso viaggio nella nostra memoria collettiva: con l’ausilio di filmati d’epoca e di testimonianze dirette e indirette, da un lato ripercorre la tortuosa strada che ha portato alla legittimazione dello straniero (e dell’italiano) nella ricca Svizzera, dall’altro fa i conti con “il terreno accidentato delle origini”.

A partire dal secondo dopoguerra, l’industria elvetica era diventata fonte di attrazione per i nostri connazionali alle prese con i postumi della Seconda Guerra Mondiale e con un miracolo economico che viaggiando a due velocità penalizzava il Meridione. Un accordo stipulato tra Italia e Svizzera nell’agosto del 1964 aveva provato a disciplinarne l’afflusso prevedendo sì un miglioramento delle condizioni del lavoratore italiano, ma creando allo stesso tempo le premesse per concedere al legislatore e al datore di lavoro una discrezionalità che è stata poi foriera di problemi.

Un esempio su tutti: l’alloggio “adeguato” ritenuto conditio sine qua non per potersi ricongiungere con i propri familiari, quando dalle numerose testimonianze raccolte si evince che la più grande difficoltà di un italiano era proprio quella di riuscire a trovare una sistemazione dignitosa.

Con grazia ed equilibrio, la storia familiare e gli episodi di cronaca convivono in una fluida narrazione à la Carrère, che tocca punte di lirismo e di commozione quando il giornalista di Repubblica rievoca i metodi di risparmio del padre e quei soldi conservati nel taschino dello slip, la tenacia giovanile della madre o, sul fronte pubblico, l’esistenza di quindicimila bambini clandestini, la tragedia di Mattmark e gli omicidi, a sfondo razzista, degli italiani Tonola e Zardini.

In un clima segnato dall’Uberfremdung (traducibile come “invasione del diverso”), la retorica antiitaliana purtroppo viaggia veloce: “gli italiani ostruiscono i marciapiedi”; “si aggirano in gruppi per bande”; “ti puntano”; “non sanno stare da soli”; “sono troppi”; “non comprano niente, stanno lì solo per oziare, per curiosare”. Un’intolleranza che attraversa luoghi di lavoro, sfocia in liti di vicinato e che ha spesso una matrice politica, anticomunista per la precisione (si legga l’emozionante vicenda di Gaspare Bono).

Su questo terreno di coltura si innesta l’emblematica figura di James Schwarzenbach, “un uomo che taglia la complessità con un colpo di accetta” e che ha soffiato con maggior lena sul fuoco dell’insofferenza e del razzismo, nonostante i toni non fossero quelli di un guerrafondaio reazionario ma al massimo quelli di un letterato snob che amava in segreto l’Italia.

Unico deputato del partito di estrema destra Nationale Aktion e promotore del referendum contro gli stranieri tenutosi il 7 giugno 1970 (fortunatamente il 54% dirà di no al suo progetto di contingentarne la presenza), Schwarzenbach può essere considerato la “prima popstar populista” (Prima gli Svizzeri!). Illuminante a tal proposito una domanda rivoltagli da Enzo Biagi nel corso di un’intervista: “Lei esprime un risentimento o contribuisce a provocarlo?”

Nella Svizzera degli anni ’60 “i migranti eravamo noi”, nell’Italia di oggi lo sono altri, ma in molti sembrano non ricordarlo o, peggio ancora, disconoscono il ruolo della storia come “maestra di vita”; a distanza di oltre mezzo secolo, realizziamo che la memoria è “recisa e annebbiata” se una parte della politica e dell’opinione pubblica continua a considerare l’immigrazione un problema.

Con equilibrio e con una sapiente sintesi tra osservazione pubblica e sguardo privato, Concetto Vecchio ci regala quindi un documento prezioso che va al di là della contingenza storico-politica e che si attesta come una pietra miliare della letteratura d’inchiesta.

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