Specchiarsi nell’infamia con Borges

Letteratume
2 min readFeb 7, 2022

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“L’irresponsabile gioco di un timido che non ebbe il coraggio di scrivere racconti e che per svagarsi falsificò e alterò (talora senza alcuna giustificazione estetica) storie altrui”.

Nell’autobiografia letteraria di Jorge Luis Borges c’è questo e molto altro: tutto ciò che è assurdo, straniante, surreale, geniale è nella sua opera.

Se è vero, dunque, che l’intera produzione (o quasi) dello scrittore argentino è basata sulla evocativa deformazione di biografie reali, Storia universale dell’infamia (Adelphi, con una nota di Tommaso Scarano e traduzione di Vittoria Martinetto e Angelo Molino) ne costituisce allora uno dei vertici espressivi.

Immagini assurde eppure fantastiche, acute intuizioni, pensieri metafisici fanno da contorno a una storia che è insieme tante storie: quelle di Lazarus Morell e dell’impostore Tom Castro, della vedova Ching e dell’improbabile Hakim di Merv, senza dimenticare Monk Eastman (dichiarò che “molte balere della Bowery erano più rischiose della guerra europea”), Bill Harrigan e quell’altro infame di Kotsuke no Soke.

Tra le stesse pagine si aggirano “L’uomo all’angolo della casa rosa” e i frammenti di “Eccetera”, prima sparsi poi ricondotti, a metà degli anni ’50, nell’alveo di questo libro compiuto.

I molteplici riferimenti, che spaziano da Twain a Nestor Ibarra per arrivare all’Enciclopedia Britannica e alle inevitabili storie di pirati e pistoleri, non fanno che arricchire un vorticoso gioco di specchi che, come in altre occasioni (si pensi a Finzioni o all’Aleph) rende giustizia al termine letteratura.

Cercare la bussola tra le avventure borgesiane, felicemente perturbanti e vertiginosamente affabulatorie, significherebbe fare torto alla potenza narrativa di un uomo che, dilettando e mistificando, è riuscito ad assegnare anche ai migliori deuteragonisti un posto di rilievo nel mondo delle lettere.

La ricchezza di rimandi e di rifrazioni, presente anche tra le pagine della Storia universale dell’infamia, consente quindi a Borges di distillare, in un solo testo, secoli di lucida intelligenza e di ammalianti eventi.

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