Stoner: una vita come le altre
Scrittori e opere che sono più o meno conosciuti in vita, che prima vengono dimenticati e poi riscoperti soltanto dopo la morte.
Potrebbe essere questa la parabola di John Edwards Williams, poeta e romanziere americano premiato nel 1973 con il National Book Award e che ha goduto di fama postuma, dieci anni dopo la morte avvenuta nel 1994, grazie al suo Stoner uscito nella tiepida indifferenza del 1965.
Tradotto da Stefano Tummolini prima per Fazi editore e ripubblicato nel 2022 negli Oscar Mondadori, il romanzo è stato acclamato come uno dei migliori del XX secolo e apprezzato da molti critici e “colleghi”: abbiamo davanti una storia semplice, a dir poco piatta, che ha nel protagonista William Stoner un mite e remissivo universitario di origini contadine, che diventa professore, ha pochi amici, un matrimonio infelice e una figlia amata ma lontana geograficamente ed emotivamente.
Può bastare questo a farlo considerare uno dei più grandi romanzi americani degli ultimi cento anni?
Come ricorda Peter Cameron nella postfazione all’edizione Fazi “si possono scrivere dei pessimi romanzi su delle vite emozionanti e che la vita più silenziosa, se esaminata con affetto, compassione e grande cura, può fruttare una straordinaria messe letteraria”.
Questa storia rientra ampiamente nel secondo caso, diventando una macchina narrativa perfetta, che è anche una dichiarazione d’amore nei confronti della letteratura (alla quale si abbeverano quasi tutti i personaggi che gravitano intorno al nucleo centrale) e delle imperfezioni della vita.
Il protagonista cerca un moderato riscatto attraverso le lettere e i rapporti umani, ma soprattutto affidandosi a una relazione extraconiugale, che per quanto si presenti come una temporanea via d’uscita dall’asfittica quotidianità, non costituisce il fulcro del racconto.
A rendere possibile l’apprezzamento di un grande capolavoro c’è in primo luogo una eccelsa qualità narrativa che unisce la pacata sensibilità di William Stoner alla sublime e rarefatta penna di John Williams.
C’entra la resistenza (non quella paludata parola che è resilienza), fondamentale in un tempo infausto e incerto, c’entrano l’ineluttabilità del destino che non fa sconti e la grazia dei piccoli gesti: tutto concorre a tramutare una esistenza apparentemente grigia e straziante in una pregevole materia letteraria.