Storie di vita e di amicizia
“Understatement: tendenza a minimizzare l’importanza di un’affermazione.”
La sua variante più comune è quella che si è soliti definire “profilo basso”.
È questa la lunghezza d’onda su cui si è posizionato Tullio Pericoli nel suo Incroci: un delicato affresco degli amici e degli incontri più significativi della sua vita, accompagnati da suoi deliziosi acquerelli a tema.
Abituato ad osservare e a registrare per poi riversare su carta le vite degli altri, attraverso disegni immaginifici, ritratti e caricature pregevoli, Pericoli si mette in gioco, ma lo fa con una misura e un contegno tali da farlo sembrare lì per caso.
La galleria di personaggi immortalati e con i quali ha intrattenuto momenti di vita più o meno profondi è da brividi: Montale, Eco, Bocca, Tadini, Zavattini, Garzanti.
Si passa senza soluzione di continuità ma con mirabile garbo dalla fertile e discreta terra natìa («Il paese dove sono nato, Colli del Tronto, si allungava seguendo il crinale della collina») alla visita a un Giovanni Testori morente (i suoi occhi “laser galleggianti”), dagli ingenui ricordi infantili e scolastici (Iolanda e gli insegnamenti dei professori) alle montagne russe dell’amicizia con Emanuele Pirella.
«Anche adesso, quando mi accorgo che mi sto affacciando nell’oscuro mondo del non potrai capire, leggendo un verso di Holderlin o Zanzotto, o una battuta di Beckett, mi abbandono senza sentirmi in colpa all’attività della mia immaginazione e scopro, dentro di me, che l’indecifrabilità di una frase o di un verso rivela una felice parentela tra la loro complessità e l’oscura tortuosità della mia mente.»
Ogni incrocio, suggellato talvolta da dialoghi secchi (un sì, un grazie), lascia a Pericoli qualcosa della persona incontrata: Gian Carlo Fusco la sua vita notturna, Lucio Mastronardi la delicatezza (commovente il ricordo), Elvio Fachinelli “l’esperienza” della psicolicibina, Umberto Eco la vera, discreta amicizia («Si riusciva a sapere di più della sua testa che della sua anima»).
I ricordi giovanili non sbiaditi dal tempo, il contegno tipicamente marchigiano, una scrittura calda che non tralascia cura e ironia, la temperata ilarità tipica dell’opera di Pericoli, fanno di Incroci un libro di rara grazia e intensa bellezza.