Un dizionario per chi non si arrende

Letteratume
2 min readOct 27, 2022

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Dedicato a chi nonostante tutto non si arrende.

Il Dizionario della dissoluzione di John Freeman, uscito negli Stati Uniti a ridosso delle presidenziali 2020 vinte da Joe Biden e portato in Italia da Edizioni Black Coffee con la traduzione di Leonardo Taiuti, è un antidoto perfetto a ogni forma di sciatteria e di sopruso linguistico.

C’è la A di agitare, la C di cittadino ma anche la G di dare (giving) e la T di insegnanti (teachers), seguendo la volontà dell’editore italiano che, nella nota introduttiva, spiega di aver voluto rispettare l’ordine voluto dall’autore in lingua originale con l’obiettivo di farci ascoltare il coro di ventisei parole così come è stato concepito.

Quello di John Freeman è un abbecedario che, pur essendo stato scritto pensando al contesto americano, mantiene vivo il suo carattere globale e di estrema urgenza in un’epoca di grandi tumulti e sconvolgimenti, in cui cittadini iper-informati sono sempre meno deliberanti (per non dire dove non c’è democrazia).

Ecco perché se le parole sono tra i principali strumenti per relazionarci, è fondamentale che queste siano sottoposte a un vaglio critico anche per essere ripensate e riutilizzate da capo; lasciare al potere la possibilità di decostruire il linguaggio (si pensi alle nuove denominazioni dei ministeri fatta dal governo Meloni) vuol dire precludersi ogni possibilità di cambiamento.

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L’io (“I”) che diventa noi e che esercita la giustizia (“J”) anche fuori dalle aule del tribunale (raduniamoci, mobilitiamoci, trasformiamoci in gruppi) e che si aggrappa alla complessità contro ogni forma di usurpazione (“U”), è solo uno degli assi portanti di questo indispensabile dizionario, in cui si parla anche di domande e diritti, di donne e ambiente, di corpo e decoro.

L’ostinato buonsenso e l’infaticabile volontà di Freeman fronteggiano la perdurante guerra al linguaggio e al vero significato delle parole, culminata con l’ascesa al potere di partiti che inneggiano al nazionalismo, al sovranismo e all’intolleranza.

Come suggerisce infatti Valeria Luiselli nella postfazione, dobbiamo impegnarci quotidianamente “per riflettere sul genere di violenza di cui è capace una parola, una violenza che può facilmente passare inosservata” e che rischia di intaccare il nostro pensiero e la nostra comunità.

Dizionario della dissoluzione deve dunque essere solo un punto di partenza per avere lettori e cittadini più liberi e consapevoli.

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