Un grande Paese, malgrado tutto

Letteratume
3 min readSep 20, 2022

Ha ancora senso definire l’Italia “un grande Paese”?

Se questo spazio, che di norma propone libri senza età, ripesca un saggio del decennio passato, un motivo valido deve esserci, e non è soltanto quello delle prossime elezioni politiche.

Per un testo di fiction mediamente lungimirante dieci anni non costituiscono un lasso di tempo spropositato, ma per la saggistica lo stesso periodo rischia di avere il peso dell’eternità. In questo caso non sarà così, e cerchiamo di capire perché.

Un grande Paese è appunto il titolo di un gustoso volume scritto nel 2011 per Bur da Luca Sofri, direttore de il Post, che guardava in prospettiva l’evoluzione (o involuzione) dell’Italia nei successivi due decenni, di cui uno già andato. Di fatto abbiamo tra le mani un libro ancora attuale per l’acutezza dei ragionamenti e l’ampiezza di vedute sociali, economiche, culturali.

L’argomentare si fonda su tre assunti di base: ci serve di cui essere contenti e non lo abbiamo; dobbiamo tornare a usare il valore delle persone e della cultura; ognuno di noi è responsabile e complice.

E nello sviluppo si indugia volutamente sulla mancanza del nostro senso patriottico (tra le cause il campanilismo, il Vaticano e l’assenza di un momento unificante), sulla mutevolezza delle ideologie e soprattutto su concetti triti, svuotati e vituperati come riformismo ed elitismo.

Nel caso del riformismo, ricorrendo al pensiero dello scrittore e poeta Robert Penn Warren, si nota come spesso questo atteggiamento venga equiparato all’attendismo e al temporeggiamento, quando in realtà — ricorda l’autore — il riformismo e il suo lento processo pedagogico avranno il valore di una rivoluzione se si vorrà salvare il Paese.

Riguardo all’elitismo e all’ormai radicato antielitismo, è giusto ricordare che spesso il potere è in mano a una minoranza (accezione negativa), ma è ancor più doveroso — e Sofri lo spiega con chiarezza — sottolinearne l’accezione positiva, secondo cui individui membri di un’élite hanno capacità personali superiori e le cui opinioni su determinate materie devono essere prese in maggior considerazione.

Rendere condivise le cose di cui andiamo fieri, quelle che sembrano giuste o addirittura belle (chi non prova a farlo nel proprio piccolo? il Post, ad esempio, lo fa nell’informazione con un lavoro eccelso ed equilibrato), voglia di fare, orgoglio e umiltà nell’accettare le lezioni sono gli inviti all’italiano del 2030 e, aggiungiamo, a quello del 2022 come tappa intermedia.

Nella sua chiosa Sofri invita(va) tutti a lavorare da subito alla costruzione di un grande Paese.

Noi vogliamo sperare che non sia troppo tardi.

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