Vantarsi con i cani bagnino all’Idroscalo

Letteratume
3 min readApr 6, 2019

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In amore la donna vuole tribolare; La donna quando non capisce si innamora; Vantarsi, bere liquori e illudere la donna; Uomini che piangono per niente; Del perché l’economia africana non è mai decollata.

E così via di immagini improbabili e surreali che aprono squarci nell’ordinaria quotidianità.

I titoli dei libri di Maurizio Milani sono già un’epifania della sua visione del mondo, della donna e della realtà circostante: una visione stralunata e straniante che fa ridere fino alle lacrime e che concede all’autore la palma di impareggiabile narratore di situazioni a dir poco “laterali”.

Con tempra e intensità immutate, anche I cani bagnino all’Idroscalo (Quasi un romanzo d’amore per Milano) tiene fede alle attese, dispiegando tutta la vitale forza del nonsense di Milani che, unendo la carenza di triptofano al desiderio di Pamela Anderson (e di Caterina Zeta Jones), costruisce un tessuto narrativo che sembra non avere né capo né coda (forse è così, “ma nemmeno tanto”).

«La clonazione dei cani bagnino è vietata ma noi la facciamo di solito al lunedì quando c’è poca gente.»

Nel celebrare tutto l’assurdo che abbiamo intorno, Maurizio Milani riesce a rendere naturale, per non dire inevitabile, perfino l’approdo della nave scuola Vespucci alle foci del Lambro, dopo aver preso contromano il Po, preoccupandosi contestualmente di far sapere di avere «in ufficio un pulsante che apre e chiude il canale di Panama.»

Con il suo fare strampalato — messo a punto nella lunga gavetta al locale Zelig e nella tv degli anni ’90 fino alle recenti apparizioni a Che tempo che fa — Milani ci ricorda che la vita ha sempre qualcosa di grottesco e che nessuno di noi ne è immune.

Ne fanno le spese la mitologia («Argo, cane di Ulisse, è stato per trent’anni cane bagnino a Milos. Mandato via perché forse beveva…mentre Polifemo aveva un contenzioso con l’anagrafe tributaria e andava due volte all’anno dal barbiere, “ciclope pederasta”.») e finanche la scienza («Per ordine del Ministro dell’Economia abbiamo spaccato il bosone di Higgs.»), ma sono il buonsenso e la linearità a pagare dazio di fronte alle esilaranti intemerate e alle (im)probabili rievocazioni dell’autore.

In definitiva, si ride senza soluzione di continuità tra francobolli in onore dei cani bagnino e uomini che bloccano lo sviluppo, tra donne volubili e lettere d’amore e/o sentimentali in cui l’ammiratore si vanta di aver tradotto i libri di Banana Yoshimoto e di aver curato il giardino della casa milanese di Michele Santoro, «che non c’è mai.»

Unico imperativo categorico: lasciarsi travolgere allegramente dalla furia surrealista di Maurizio Milani!

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