Viaggio nei fantastici mondi urticanti di Alessandro Gori

Letteratume
3 min readSep 13, 2022

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Confessioni di una coppia scambista al figlio morente di Alessandro Gori è un piccolo capolavoro.

Si usa l’aggettivo “piccolo” solo per dare al tempo e allo spazio la possibilità di confermare una tesi che speriamo essere condivisa dai più.

Il libro, edito da Rizzoli Lizard, è composto da una serie di scritti che fanno strame di luoghi comuni attraverso il trionfo dell’incongruenza e la spasmodica cura del dettaglio. Ogni frase è cesellata alla perfezione, ogni frammento scende nelle remote profondità della psiche e della materia, ogni racconto ha una sua voce ben definita, benché sia evidente la comune matrice surreale dell’autore che abbiamo imparato a conoscere come Lo Sgargabonzi.

Tra le vette di un libro che spicca per la felice mescolanza di intelligenza, sarcasmo e accuratezza, c’è l’allucinante ed esilarante scambio epistolare tra Ana (Matronic, leader delle Scissor Sisters) e Franco (Locatelli, presidente del Consiglio superiore di sanità e già coordinatore del Comitato tecnico scientifico per l’emergenza-Covid) con incursioni di Gianni (Rezza, noto epidemiologo e dirigente dell’Istituto superiore di sanità).

Non è solo per pagine come queste che bisognerebbe avere Confessioni di una coppia di scambisti sempre a portata di mano, possibilmente anche in pubblico: vuoi mettere la gioia di una risata spiazzante che mette alla berlina ogni forma di contegno sociale?

La scrittura di Gori procede per allusioni stranianti e accostamenti inaspettati, per evasioni sintattiche e fughe narrative: nei microcosmi creati dall’autore, che attingono spesso dall’immaginario degli anni ‘80, ci sono Indro Montanelli musicista rock e Paolo Villaggio omicida, Roger Federer alle prese con un’infida borsa e Cristiano Godano dei Marlene Kuntz in versione cuoco, fino ad arrivare ai presentatori televisivi che incensano la “napoletanità” solo perché spaventati da possibili ritorsioni.

Concato e Baglioni vengono poi rimasticati con abilità e sagacia: i loro testi diventano una parte quasi secondaria di storie strampalate ma neanche tanto; allo stesso modo nel calderone anti-mediatico finiscono dentro malati terminali e Alfredino Rampi, a riprova del fatto che “nulla è sacro, tutto si può dire” e che i nomi fungono da etichette per creare deviazioni comiche (in sostanza, scrivendo “La posta di Alfredino” non si infanga la memoria del piccolo morto a Vermicino, così come l’autore non ha diffamato la madre della piccola Denise Pipitone, venendo peraltro assolto).

I testi di Gori, sia quelli raccolti nel volume, sia quelli del precedente Jocelyn uccide ancora (minimum fax), sono provocatori e intrisi di un umorismo spesso urticante che infastidisce i benpensanti: proprio in virtù di questo, la letteratura e la satira non possono che ringraziare.

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